L’uso di stupefacenti a scopo sessuale non è un fenomeno recente. Non c’è bisogno di scomodare i decadenti, i parnassiani (da Gautier a de Musset, da Baudelaire a Huysmans), il nostro Gabriele D’Annunzio o molte star del rock né, tanto meno, richiamare recenti fatti di cronaca per affermare una realtà che, sia pur sotto diverse modalità, è diffusa da tempo e riguarda tanto le persone eterosessuali quanto quelle Lgbti.
Ma quando si parla di chemsex – nonostante si utilizzi questo termine in maniera oramai generalizzante – è opportuno fare delle chiarificazioni, data la stretta correlazione con la popolazione omosessuale maschile.
Per saperne qualcosa in più, abbiamo raggiunto il noto scrittore, ricercatore e attivista d’origine australiana (ma vivente a Londra) David Stuart, che non solo ha coniato il termine chemsex ma è il promotore delle più importanti campagne mondiali di supporto alle persone che ne fanno uso.
David, il termine chemsex, diffuso ovunque, è stato da te coniato. Che cosa s’intende con esso in particolare?
Molte persone fraintendono il significato di chemsex, pensando che si riferisca all’assunzione di qualsiasi droga da parte di qualsiasi persona per fare sesso. Si tratta d’un equivoco molto diffuco.
Ma col termine chemsex ci si riferisce in realtà al fenomeno socioculturale che chiamiamo PnP (Party and Play). La sua definizione è strettamente correlata all’influenza che sugli MsM (maschi che fanno sesso con maschi) hanno avuto la diffusione di 1) Hiv/Aids nel passato e nel presente; 2) tecnologie come Grindr; 3) droghe specifiche come metanfetamina, mefedrone e Ghb/Gbl, strettamente associate a Grindr e ad altre app per sesso tra persone gay.
Le chems (droghe) uccidono una persona omosessuale maschile al mese a Londra (per quel che si sa) e sono diventate un problema noto all’interno delle comunità gay di tutto il mondo. Ecco, il chemsex si riferisce a un tale fenomeno. Richiedendosi una risposta mirata alla salute pubblica e un movimento comunitario per affrontarlo, c’era il bisogno di definirlo anche nominalmente sì da poter migliorare l’assistenza da fornire dai servizi di sostegno. Quel nome è appunto chemsex.
Quale tipologia di persona fa uso di chemsex e per quali ragioni?
Non esiste un particolare “tipo” di gay in riferimento a tale ambito. Potrebbero essere coppie felici che desiderano rendere più piccante la loro vita sessuale. Potrebbero essere omosessuali che si recano a party di gruppo e si divertono con il chemsex come parte di quell’esperienza. Potrebbero essere uomini che si collegano online o si divertono con i partner nelle saune. Potrebbe essere un gay solitario che gode di lunghe sedute di masturbazione. In molti casi, il chemsex è semplicemente un modo divertente per migliorare il sesso. Per molti altri il chemsex potrebbe essere un mezzo per risolvere alcuni problemi inerenti al godimento sessuale.
A volte alcuni fattori impediscono di eccitarci o rilassarci quando ci si trova in specifiche situazioni. Motivi d’ordine religioso o culturale, ad esempio, potrebbero farci vergognare delle nostre fantasie o dei nostri desideri. La condizione di sieropositività (e il connesso stigma presso larghi strati dell’opinione pubblica) potrebbe impedire di sentirci eccitati o a proprio agio quando si è a letto con un partner. Potrebbero anche influire ricordi spiacevoli di precedenti esperienze sessuali o difficoltà a fidarsi degli altri. Altre volte potremmo sentirci brutti e non all’altezza nel confrontare il nostro corpo con quello degli eventuali partner. Molti di noi potrebbero essere molto bravi nel fare sesso, ma in realtà non “sentirlo” in modo autentico.
Quali sono i rischi connessi al chemsex anche in riferimento all’Hiv e alle altre Ist?
Sono molti i rischi connessi al chemsex. Non poche persone sperimentano stati di grave psicosi che può manifestarsi come paranoia o percezione di essere perseguitati: tali sintomi possono durare per molti giorni dopo l’attività di chemsex. Sovradosaggi da Ghb o Gbl possono essere molto comuni, molti dei quali fatali. Si potrebbero poi manifestare stati depressivi. Molte persone perdono la capacità di provare godimento sessuale senza l’assunzione di droghe per non parlare di ricadute negative – con l’uso abituale – su la quotidianità, il lavoro, gli hobby, le amicizie. Interfrenze problematiche si registrano inoltre in riferimento a Hiv, epatite C e altre infezioni sessualmente trasmissibili
Preservativi, PrEP, PEP, cariche virali non rilevabili possono aiutare a prevenire le infezioni da Hiv. Ci sono anche alcuni metodi di riduzione del danno per aiutare anche a evitare di prendere (o trasmettere) l’epatite C. A volte può essere difficile praticare il sesso in modo sicuro quando si parla di chems, ma è di grande aiuto l’essere ben informati, ben preparati e sottoporsi ai test regolarmente.
Com’è nato in te l’interesse per il chemsex?
Circa 25 anni fa c’era un piccolo gruppo di gay (incluso me), che faceva uso di crystal meth e G, anche se a Londra all’epoca era piuttosto raro. Era prima dell’avvento di Gaydar, prima che molti di noi avessero computer. Ci siamo incontrati nelle saune e ci siamo chiamati “club del chemsex”, perché ci sentivamo molto diversi dai ragazzi che usavano ecstasy o cocaina. L’esperienze sessuali con crystal meth e G erano molto diverse. Abbiamo poi iniziato a farne uso separatamente, perché non c’era un livello di assunzione che potesse adattarsi a ognuno di noi allo stesso modo.
Col passare degli anni queste droghe (chems) sono divenute sempre più popolari e in poco tempo, anche con l’avvento di Gaydar e Grindr, chemsex non era più il nostro piccolo gruppo in una sauna londinese.
Da un punto di vista personale ho iniziato ad avere sempre più difficoltà nel gestire una tale realtà e alla fine sono stato arrestato per spaccio di droga. Ho iniziato a fare volontariato in un servizio per tossicodipendenze di persone Lgbt: ero molto determinato ad aiutare la mia comunità nell’affrontare questo fenomeno specifico e unico. Non mi sembrava però che i servizi tradizionali per le dipendenze fossero il modo giusto per aiutare quanti facevano esperienza di chemsex: era fin troppo chiaro che non si trattava affatto di un semplice problema di droga per il quale le persone volevano aiuto. Era, invece, un problema che riguardava direttamente l’attività sessuale dei gay alla luce della diffusa utilizzazione delle app e della connessa difficoltà nell’orientarsi al riguardo.
Volevo creare servizi di supporto che potessero aiutare i gay a confronto con questa “moderna modalità di attività sessuale” anziché aprire semplicemente servizi per le tossicodipendenze delle persone omosessuali.
Alla luce della tua esperienza pensi che l’uso di droghe nel fare sesso debba essere condannato?
Penso che l’uso di droghe per il sesso non dovrebbe mai essere condannato; la condanna non ha mai aiutato una persona alle prese con problemi, mai. Penso, invece, che l’uso di droghe, il sesso tra persone gay e l’Hiv siano tutti fortemente stigmatizzati: la società avrà sempre la tentazione di condannarli tutti e tre, fraintendendo tutti e tre. Come comunità gay dobbiamo lavorare molto per contribuire a creare un clima di comprensione, consapevolezza e dialogo intorno al chemsex per far sì che nessuno sia condannato. In tal modo le persone che cercano aiuto in riferimento al chemsex potranno farlo senza vergognarsi o temere il giudizio altrui.
In base alle tue conoscenze qual è la situazione in Italia in riferimento al chemsex?
Ho molti amici, colleghi e sostenitori in varie parti d’Italia. Da ciascuno di loro ricevo report molto diversi su quanto grande o piccolo sia il problema del chemsex in Italia. I dati possono essere inaffidabili nel comprendere la vera scala del chemsex nel vostro Paese. Mi affido quindi a colleghi, amici e contatti italiani: molti sono attivisti, molti altri operatori sanitari. Ma mi baso principalmente sui messaggi di italiani che si dedicano al chemsex. Molti mi contattano per chiedere aiuto o consigli o perché hanno letto la pagina in italiano del mio sito di supporto alle persone che fanno uso di chemsex.
Nelle grandi città italiane il chemsex sembra essere lo stesso di quello di qualsiasi grande città del mondo con un’impegnata presenza di persone gay. Elemento che sembra connotare specificamente la realtà italiana del chemsex è quel backgruond religioso, che può far sentire le persone colpevoli nel fare sesso. Background che può rendere difficile alle persone, che cercano aiuto in riferimento al chemsex, di farsi avanti e chiedere aiuto ai servizi sanitari. Ciò è stato di ostacolo, finora, per la raccolta di dati sulla diffusione del chemsex in Italia. Ma questi ostacoli non risultano però insuperabili.
Sono molto onorato e orgoglioso di conoscere sempre più iniziative e grandi attivisti, che stanno compiendo opera di sensibilizzazione sul fenomeno del chemsex in Italia. Trovo che sia davverso stimolante, in Italia come altrove, l’intesa tra le associazioni per superare le grandi sfide: è quanto fatto prima con l’Hiv. Mi aspetto perciò molto dalla mia prossima visita nella splendida Italia.
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