Legge bavaglio, norma liberticida introducente il reato d’opinione, provvedimento anticristiano che vieterà la lettura di Antico e Nuovo Testamento. Queste solo alcune delle accuse mosse al cosiddetto pdl Zan da esponenti più e meno noti della variegata galassia cattodestristra dei “pro life e pro family”, ripetitiva quanto rumorosa a fronte di un rispettoso e prudenziale silenzio – dal momento che il testo base non è stato ancora reso noto – da parte non solo di Oltretevere e Cei ma anche dell’esteso universo associazionistico cattolico.
Tali j’accuse sono stati anche avanzati da alcune delle persone audite in Commissione Giustizia della Camera, benché già smontati da altri interventi come quello del giurista Antonio Rotelli.
A fare il punto della situazione è il deputato Alessandro Zan (Pd), relatore della legge.
Onorevole Zan, le audizioni sono terminate e, il 4 giugno, c’è stata già la 1° discussione generale in Commissione Giustizia. Quale il suo bilancio?
Un bilancio complessivamente positivo. Gli auditi invitati dalla Commissione Giustizia hanno evidenziato scrupolosamente i punti nodali delle proposte di legge in campo consegnandomi in qualità di relatore molti spunti preziosi per redigere il nuovo testo base che depositerò tra pochi giorni. Purtroppo vi sono stati anche alcuni accenti “coloriti” al limite dell’offensivo da parte di alcuni auditi invitati dalle opposizioni.
A proposito del testo base quali saranno i punti recepiti dai vari progetti di legge presentati?
La stesura del testo base è iniziata con la prima riunione a fine gennaio della cosiddetta “bicameralina” composta da deputati e senatori di maggioranza delle commissioni Giustizia di Camera e Senato, con l’obiettivo di arrivare a un testo il più condiviso possibile, dopo aver recepito anche le osservazioni delle associazioni Lgbt+. Il testo base rappresenta una buona sintesi dei testi presentati ed è costituito sostanzialmente da una parte penale per contrastare i crimini d’odio omotrasfobici e di genere e da una parte di politiche attive e sociali per la protezione e assistenza delle vittime.
Da settimane si assiste a ripetuti attacchi da parte di frange oltranziste cattoliche, notoriamente antibergogliane e connotate politicamente a destra, che parlano di legge bavaglio e introduzione del reato d’opinione. È così?
Si tratta di una polemica del tutto strumentale, in quanto la legge in esame ha l’obiettivo di contrastare i crimini d’odio verso le vittime più vulnerabili, che sono diventati una vera e propria emergenza nel nostro Paese.
Quindi in chiese, oratori, pubblici raduni si potrà continuare a insegnare quanto dice il Catechismo in materia di omosessualità o citare letteralisticamente passi biblici di condanna al riguardo?
È bene fare molta chiarezza su questo. La legge Mancino, poi inserita nel Codice penale, tratta già le condotte di odio e di violenza per ragioni di etnia, razzismo religione e nazionalità. Su questo vi è già una folta giurisprudenza consolidata che stabilisce chiaramente i confini tra la libertà di espressione, sancita dalla nostra Carta costituzionale, e l’incitamento all’odio e le lesioni della dignità umana. Vogliamo semplicemente estendere una legge già esistente ai crimini d’odio contro le persone Lgbt+, visto che l’Italia è uno dei Paesi fanalino di coda in Europa nonostante i ripetuti ed espliciti moniti da parte dell’Unione Europea per colmare questo scandaloso divario. Gli esempi a cui lei accennava, anche se non condivisibili dal mio punto di vistas, non rientrano in nessun modo nei campi di applicazione della legge.
Da alcune persone audite è stato sollevato l’argomento più fondato dell’eventuale perseguimento penale della “propaganda delle idee” come previsto dal comma 1 dell’art. 604 bis. Ci sarà effettivamente un’integrazione al riguardo relativamente all’orientamento sessuale e identità di genere o tale comma resterà circoscritto alla “superiorità o all’odio razziale o etnico”?
La commissione che ha lavorato alla stesura del testo base ha ritenuto opportuno non estendere il tema della propaganda delle idee alla legge contro l’omotransfobia, visto il delicato equilibrio con la libertà di espressione e le ripetute sentenze della giurisprudenza che hanno fatto chiarezza su questo. La legge interviene invece sull’istigazione e sul compimento di atti discriminatori e violenti, che sono due fattispecie ben distinte, e non va in nessun modo a pregiudicare la libertà di espressione. Va precisato, in ogni caso, che la libertà di espressione non è un principio di per sé assoluto. Ma, come precisato da diverse sentenze, trova i suoi limiti nella necessità di proteggere altri beni di rilievo costituzionale come la dignità delle persone e la loro pari dignità sociale. Chiamare, ad esempio, una persona “f****o di m***a” non può certamente essere inteso come libertà d’espressione. Perciò le varie polemiche su questo tema appaiono del tutto pretestuose e strumentali.