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Visibilità lesbica al di là di generalizzazioni, stereotipi e riduzioni: il ruolo di cinema e tv

NECESSARIO RIANDARE ALLE PAROLE DI CÉLINE SCIAMMA: «UNA RELAZIONE È L'INVENZIONE DI UN LINGUAGGIO»

Paola Guazzo by Paola Guazzo
12 Maggio 2020
in Cultura
0
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Ph. Screenshot del trailer de “La ragazza d’autunno”

“Le lesbiche non sono abbastanza visibili” ho sentito spesso dire da persone gay e trans. Maschi etero invece ci vedono spesso nei porno. Quindi non direbbero questo e, a volte, la domanda per alcune di noi potrebbe essere: “Mi fai vedere?”. Questa focalizzazione etero, di maschi e fra maschi, corrisponde a un non vederci o a non dirci quando appariamo in una serie tv o in un film che non siano immediata eccitazione. Forse.

Tornando però al primo assunto, quello di persone non coinvolte in eccitazione diretta, devo dire che non concordo. Le lesbiche sono ormai soggette a visibilità di massa come i gay, e persino, oltre le serie Netflix, nella tv generalista di base. Che dire di Eva Grimaldi e Imma Battaglia a L’Isola dei famosi, per esempio? Memorabile la scena di agnizione alle spalle di Eva con Imma che, familiare e quasi struggente, chiede: “L’hai portato il petrosino? ” (prezzemolo in napoletano) .

In certi casi si può addirittura dire che le lesbiche non solo non siano assenti ma siano presenti come il prezzemolo. Seguendo per esempio lo sviluppo delle vicende della coppia Grimaldi e Battaglia nella 4° edizione del Grande Fratello Vip, vediamo coinvolta un’ex di Imma, Licia Nunez. Fra storie di gelosie, baci rituali, anelli, nuove fidanzate, presunte stalker, attrazioni marittime, amicizie con la regina degli hotel trash napoletani: pagine intensissime di intrighi che fanno rimpiangere una Sarah Waters italiana in grado di cantarne l’epos e  il romance e la canzone. Tutto fuorché invisibili, insomma.

Invisibili per chi, allora? Forse per chi vive ancora una cultura chiusa dove si ignori quanto il pop sia in osmosi con  nuove frontiere e conquiste. D’altro canto Le Nunez, le Eve e le Imme, le nostre Nine, Pinte e Santamarie lanciate verso un mondo nuovo, non sarebbero state possibili senza il paziente lavoro di politica e cultura Lgbt, tra giochi di butch e femme con domesticità incluse. Ed è vero anche che un mondo chiuso al proliferare del pop non porta a diminuire omofobia e discriminazione, rende solo meno efficace l’attivismo.

Per quanto riguarda il cinema italiano, nessun film, a parte Viola di mare, risalente al 2009, è andato oltre la nicchia. Di solito i film non solo italiani sul lesbismo si dividono infatti in film di nicchia o di etichetta, direbbe qualcuno, e film d’autore. Quasi sempre, se il film è d’autore e di successo, il giornalismo italiano ricorre a un collaudato parco di frasi.

Il film, sia esso Ritratto della giovane in fiamme o Carol, per citare due film noti, diventa opera su un’amore che va al di là del fatto che siano due donne ad amarsi, come se  un grande ed estatico stereotipo proiettasse le sue luci in accoppiamenti altrimenti di serie b, se non marginali. Mai che si dica emarginati o si consideri la storia della libertà femminile, storia faticosa e in salita. D’altronde persino un pensatore del divenire come Gilles Deleuze considerava meccanica e poco sensuale la scena finale di Je tu il elle (1974) di Chantal Akerman. La stessa scena è ovviamente cartografata in modo opposto, come riconoscimento del e nel corpo dell’altra, nella scheda-film femminista contenuta nel monografico di Akerman, uscito a cura del Centre Pompidou nel 2004.

La passione lesbica declinata in tutti i suoi aspetti o è universalizzata malamente, e resa quindi neutra, o è squalificata. Tornando sulla prima frase di questo articolo potrei ora dire che è vero: siamo invisibili o visibili in modi in cui non ci interessa essere viste.

Cosa rende lesbico un film? La domanda di Federica Fabbiani nel suo Sguardi che contano. Il cinema al tempo della visibilità lesbica (Iacobelli, 2019) non trova risposta in tutte le recensioni italiane de La ragazza d’autunno di Kantemir Balagov (2019). Anzi, non solo non viene posta. Non viene nemmeno considerata l’ipotesi che il film parli di qualcosa che non sia un’amicizia tra ragazze con momenti ricattatori e patti morbosi. Consiglio, oltre Fabbiani, la lettura o la rilettura di Proust. Alla ricerca del tempo perduto ci fa capire quanto l’omosessualità femminile sia pervasiva a livello societario e dotata di forza espressiva, pur vivendo e proliferando ai margini. Consiglio di rovesciare il punto di vista con le parole di Céline Sciamma, che non parlano solo di amore romantico, ma di un amore preciso e incarnato in corpi di donna: «Una relazione è l’invenzione di un linguaggio».

 

 

 

 

 

Tags: cinemadonneeva grimaldiimma battaglialesbichelgbtpersone lgbti
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Il 29 maggio 1998, un venerdì, prende il via la grande avventura del primo quotidiano on-line Lgbti in Italia. NOI (ora Gaynews.it) Notizie Omosessuali Italiane, diretta da Franco Grillini, eredita la testata di “CON/TATTO” registrata al Tribunale di Bologna fin dal 1989 e “organo” dell’ARCIGAY, che esce con 14 numeri prima di cedere il passo alla nuova impresa telematica.

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