In occasione della Festa dei Lavoratori Coming-Aut Lgbti+ Community Center aveva lanciato la campagna #ilmiolavoroènecessario per richiamare l’attenzione, attraverso foto, nomi, tipo di occupazione e breve messaggio di 11 attiviste e attivisti dell’associazione pavese, su «un Primo maggio di tutt*, di tutta la comunità Lgbti+ che lavora e che non può lavorare, che il lavoro lo cerca o lo ha perduto».
Ad aderire alla campagna anche la 35enne Alina, sex worker trans di origine rumene, col messaggio: «Non posso accedere alle misure di sostegno di reddito». Ne è seguita una discussione animata sulla pagina Fb dell’associazione non senza commenti censori, quando non offensivi, nei riguardi di Alina anche da parte di persone transgender, alcune delle quali hanno osservato di non sentirsi rappresentate dalla 35enne.
Di rilievo la risposta di Giammarco Negri, avvocato e sindaco di Tromello (il primo sindaco transgender d’Italia), che ha scritto: «Mi permetto un breve commento. Anziché ringraziare Coming-Aut Lgbt+ Community Center, e le persone che hanno aderito alla campagna, per il sacrificio e lo sforzo di ogni giorno ci mettiamo davvero qui a farci la guerra? Paragoni tra esseri umani? Abbiamo seppellito un numero impressionante di persone per il Covid-19 e dobbiamo andare avanti ad ucciderci a parole? Veramente non abbiamo imparato nulla da quello che sta succedendo? Vi siete accorti che siamo uguali davanti alla morte? Non vi viene in mente che lo siamo anche davanti alla vita?
Per quel poco che può valere il mio pensiero esprimo la massima solidarietà alla nostra Alina. La dignità e di ogni essere vivente quello che è indignitoso è il modo in cui alcuni trattano gli altri. Forse dovremmo imparare un po’ di più ad immedesimarci e smettere di puntare sempre il dito su ogni cosa che viene fatta o non fatta. Io mi sento rappresentato anche da Alina e la ringrazio di esserci come ringrazio il gruppo di Arcigay Pavia che lavora costantemente per rendere la nostra vita migliore. Cerchiamo di meritare tanta umanità e di non distruggerla. Ci pensano già le malattie e gli altri a distruggerci. Il Covid-19, apprendo con rammarico, non ci ha insegnato nulla!!!!».
Sulla questione è intervenuto anche Giuseppe Polizzi, componente del direttivo di Coming-Aut Lgbti+ Community Center, che in un lungo post ha scritto: “Sto con Alina e lo ridico. È nata una polemica sgradevole e surreale, a tratti disgustosa, di alcun*, nei confronti di questa foto con una nostra volontaria. Voglio essere chiaro. Alina è una nostra volontaria: quando Coming-Aut fa partire una campagna la apre a tutte e tutti le volontarie che operano al suo interno: senza discriminazioni, senza distinzione fra chi è ricco o povero, fra chi è laureato e chi ha la prima elementare, fra chi è uomo, donna, cis, trans, e tutte le lettere e le definizione che volete: ognuno è quello che è e può essere quello che vuole: questo è il valore di Coming-Aut: uno spazio di libera autodeterminazione senza moralismi. Chi vuole partecipa, chi non vuole non partecipa.
Entrambe le cose vanno bene e non sono giudicate. Alina c’è con la sua storia e ha diritto di auto-rappresentarsi per come vuole. A chi dovrebbe chiedere il permesso di aderire a una campagna che parte dalla comunità pavese? All’attivismo da tastiera? Ma andate a quel paese. Secondo: il mio lavoro è necessario significa che Alina senza prostituirsi muore di fame, non c’è alcun giudizio morale né in positivo né in negativo, semplicemente c’è una verità drammatica: Alina muore di fame! Alina non è stata assunta a modello e così non si è posta. Alina al contrario è stata trattata secondo il peggior stereotipo e Alina questo non lo merita. La nostra associazione vede in Alina una donna, una donna trans, componente e volontaria della nostra comunità, che ha posto e diritto al pari di ognuno.
Noi non trattiamo Alina da stereotipo perché Alina non è uno stereotipo, non è un modello, e nessuno di noi vuol essere stereotipo o modello, Alina è una persona e come gli e le altre in associazione ha diritto di esserci, di esprimersi, di raccontarsi e mettersi in gioco. Non vi sta bene? Fatti vostri. Dopodiché ricordo sommessamente la lezione di Sylvia Rivera, una attivista trans, sex worker, drag, homeless. Ricordare quello che una pioniera come Sylvia Rivera ha rappresentato per le lotte e le rivendicazioni del nostro movimento nel corso della sua travagliata vita non è semplice e non voglio farlo, ma vi dico che quando ho letto certi commenti mi è venuta in mente lei e la sua lezione, la sua denuncia, e mi sono cadute le palle a terra da tanta stupidità, ignoranza, perbenismo ed egoismo”.
Una dimostrazione di grande inclusività e attenzione alle concrete problematiche della comunità Lgbti+ del territorio quella di Giuseppe Polizzi, che si associa alla solidarietà e al sostegno ricevuto da Alina dal comitato di Non una di meno di Pavia, condiviso anche dall’intera rete nazionale di Non una di meno.
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