È di un paio di settimane fa la notizia riportata da The Mirror, sull’efferato femminicidio di Nina, una donna transgender, compiuto dal suo compagno nella città russa di Kursk.
Mikhail Tikhonov, un medico 27enne, ha confessato l’omicidio della propria compagna. Agli inquirenti Tikhonov ha ammesso il macabro delitto, dichiarando di aver strangolato la sua ragazza, Nina Surgutskaya di 25 anni, e di aver provato a disfarsi del cadavere, dapprima smembrandolo e inserendo parti del corpo nel forno per farne evaporare i liquidi e, in seguito, ponendo i resti della vittima in alcuni sacchi di plastica e provando a gettarli nell’immondizia.
Stando ai fatti, proprio in quel momento Thikhonov sarebbe stato raggiunto dalla polizia.
Il movente dell’atroce delitto sarebbe legato alla scoperta da parte di Thikonov della transizione di genere della fidanzata, alla quale alla nascita era stata assegnata il genere maschile.
La vittima ed il suo carnefice si frequentavano da qualche mese, ma quando sono stati a letto per la prima volta la donna ha rivelato di essersi sottoposta a diversi interventi fra i quali quello di conferma di genere, noto in Italia come RCS (Riattribuzione Chirurgica di Sesso) per completare il percorso di transizione.
Sembrerebbe che proprio dopo questa rivelazione da parte di Nina, Thikonov l’ avrebbe afferrata per il collo, strangolata e uccisa. Durante gli interrogatori l’uomo ha ammesso tutto alle autorità russe e adesso rischia 20 anni di carcere.
A due settimane dalla Giornata Internazionale contro la LGBTQIA+ fobia, che celebriamo il 17 maggio e alla luce degli innumerevoli episodi di transfobia e transmisoginia che si ripetono quotidianamente nel mondo, fra i quali la recente aggressione a Pozzuoli di un ragazzo trans da parte di un vicino di casa, possiamo tristemente notare come poco si stia facendo per contrastare il pregiudizio transfobico e quanto ancora si professi odio contro la comunità LGBTQiA+ tutta e contro le persone trans, in particolare, brandendo la fantomatica “Teoria del Gender”.
Il caso di Nina è oltretutto emblematico di quello che accade alle donne trans quando dopo aver fatto coming out, si ritrovano a perdere “il privilegio cisgender”.
A volte, si ha la percezione che le persone trans siano accolte ed accettate nella società, e per fortuna, in parte è vero, ma molto spesso si tratta di una falsa accettazione, legata al fatto che la persona transgender “passi” per cisgender.
Il passing si rivela a volte un’arma a doppio taglio e letale è stato per Nina. Pensando che il suo ragazzo l’avrebbe amata per quello che era, una donna trans, ha dovuto affrontare e perire sotto la violenza transfobica del compagno.
Noi persone trans, purtroppo, non possiamo neanche goderci il privilegio della privacy e della riservatezza, perché a tutte e tutti può capitare il Thikonov di turno, e l’unico modo per difenderci è quello di non entrarci in relazione, di non frequentare persone che non ci accolgono e non ci amano per quello che siamo.
Questo è il motivo per il quale da sempre sostengo che tutte le persone trans dovrebbero combattere per i propri diritti e non crogiolarsi nell’illusoria percezione di essere possessori di un privilegio cisgender che da un giorno all’altro può esserci tolto, così come la nostra stessa vita.