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Armenia, Lilit Martirosyan parla in Parlamento: «In me, donna trans, vedete la persona T torturata, stuprata, uccisa». Ma ora è in pericolo

Francesco Lepore by Francesco Lepore
27 Aprile 2019
in Mondo

Il 5 aprile 2019, per la prima volta nella storia armena, una donna transgender ha preso la parola nel Parlamento dell’ex Repubblica sovietica, dove i rapporti tra persone dello stesso sesso sono stati depenalizzati solo nel 2003 ma la situazione per le persone Lgbti resta critica. Secondo una classifica di Ilga-Europe, l’Armenia è al 2° posto per aperta violazione dei diritti delle stesse.

Fondatrice e presidente dell’ong Right Side, istituita nel 2016 a tutela e promozione dei diritti della collettività transgender, Lilit Martirosyan ha pronunciato un veemente discorso di denuncia nel corso d’un’audizione alla Commissione parlamentare per i diritti umani.

«Chiedo di vedermi come una figura collettiva – ha dichiarato l’attivista -. In me stessa comprendo la persona torturata, stuprata, rapita, vessata, disoccupata, povera e moralmente abbandonata. In me stessa comprendo l’immagine transgender armena». 

Ma il suo discorso, mentre è stato applaudito da attivisti e attiviste per i diritti umani, ha sollevato un’ondata di reazioni negative nello Stato eurasiatico, dove si sono susseguite senza sosta le minacce di morte a Lilit e a componenti di Right Side. Anzi, come denunciato alla Thomas Reuters Foundation dalla stessa donna, sarebbe stato fatto circolare online il suo indirizzo.

Non è mancata un manifestazione di protesta contro i diritti delle persone Lgbti davanti alla sede del Parlamento, cui hanno preso parte oltre 100 persone, compresi esponenti di gruppi nazionalisti e conservatori nonché personalità religiose.

In realtà non pochi attivisti e attiviste erano fiduciosi che l’omotransfobia, profondamente radicata nel Paese, avrebbe conosciuto un ridimensionamento dopo lo spodestamento del presidente della Repubblica nonché primo ministro Serž Azati Sargsyan, cui i gruppi Lgbti avevano contribuito sostenendo la cosiddetta Rivoluzione di velluto di Nikol Pashinyan nell’aprile 2018. In quel periodo si erano infatti registrati segnali di maggiore apertura e rispetto. Il tutto però terminato con la fine della rivolta bianca nel maggio successivo. 

A meno di un mese dalla nomina dello stesso Pashinyan alla carica di primo ministro ad interim, un gruppo di 30 persone ha attaccato nove attivisti per i diritti Lgbti nel villaggio meridionale di Shurnukh. Peggiore ovviamente la situazione delle persone transgender

“L’anno scorso – ha denunciato Lilit – la casa d’una donna trans è stata incendiata, mentre a un’altra è stata tagliata la gola. Lo scorso anno si sono avuti 283 casi di aggressioni a persone trans. E non so che cosa sia peggio: un tale numero oppure il fatto che solo una minima parte d’essi sono registrati dalla polizia e dagli altri corpi competenti”.

Anche se prima delle elezioni del dicembre scorso deputati di Armenia Prospera e del Partito Repubblicano d’Armenia (HHK) non sono riusciti a far approvare leggi anti-Lgbt, le associazioni Lgbti puntano il dito contro l’attuale coalizione di governo (guidata dal vincente Nikol Pashinyan), che conta adesso in Parlamento persone battutesi per i diritti umani e divenute silenziose sul tema una volta elette.

Guarda il VIDEO

Tags: armeniaerevanlgbtomofobiapersone lgbtipersone transgenderright sidetranstransfobia
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Il 29 maggio 1998, un venerdì, prende il via la grande avventura del primo quotidiano on-line Lgbti in Italia. NOI (ora Gaynews.it) Notizie Omosessuali Italiane, diretta da Franco Grillini, eredita la testata di “CON/TATTO” registrata al Tribunale di Bologna fin dal 1989 e “organo” dell’ARCIGAY, che esce con 14 numeri prima di cedere il passo alla nuova impresa telematica.

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