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Home Cultura Libri

Il caso Kellan, il romanzo di Franco Vanni sul delitto del figlio gay del console americano a Milano. Tra bande omofobe e finale a sorpresa

Francesco Lepore by Francesco Lepore
26 Aprile 2018
in Libri

Classe 1982, Franco Vanni è una firma nota de La Repubblica, di cui è cronista giudiziario. Ma non solo. Perché il giornalista milanese, oltre a curare con tre amici il blog di pesca Anonimacucchiaino.it, è nel tempo libero anche barista e disegnatore per gioco e passione.

Collaboratore di Claudio Cecchetto nella scrittura di In diretta. Il gioca jouer della mia vita, nel 2017 ha pubblicato per la Mondadori Banche impopolari. Inchiesta sul credito popolare e il tradimento dei risparmiatori, saggio d’inchiesta scritto col collega de La Repubblica Andrea Greco.

Ma già nel 2015 aveva date alle stampe per tipi romani della Laurana Il clima ideale. Romanzo che, premiato alla 30ª edizione del Festival du Premier Roman di Chambéry, ha segnato l’esordio di Franco Vanni come giallista. Ed è a quel genere narrativo, che in Italia è stato negli ultimi anni rinverdito con successo da Maurizio De Giovanni, ad appartenere la nuova opera del cronista meneghino Il caso Kellan (Baldini+Castoldi, Milano 2018, pp. 336, €17).

Il romanzo vede il  26enne Steno Molteni, firma del settimanale di cronaca nera La Notte e barista serale a Milano, dove alloggia nella stanza 301 dell’Albergo Villa Garibaldi, alle prese con l’omicidio di Kellan Armstrong. Si tratta del figlio 19enne del console americano, ucciso in circostanze misteriose.

Le indagini, che Steno avvia personalmente, lo mettono sulle tracce degli Spazzini, banda di giovani omofobi che «vogliono fare pulizia» aggredendo le persone omosessuali sorprese nei luoghi di battuage. La vittima era infatti gay. Ma chi ha ucciso realmente Kellan? Perché intorno alla sua morte si accumula un ingombrante silenzio? La soluzione del caso è una di quelle a sorpresa secondo i canoni del più genuino giallo deduttivo o ad enigma.

Per saperne di più, Gaynews ha raggiunto l’autore

Franco, quanto della tua esperienza di cronista giudiziario c’è in Steno Molteni, protagonista de Il Caso Kellan?

Steno è cronista giudiziario come me. Ma è molto più fortunato! Ha dieci anni in meno, vive in un bell’albergo, guida una vecchia Maserati, che gli ha lasciato un amico ricco, e lavora per un settimanale. Non deve scrivere più articoli ogni giorno, come me, ma ha tempo per approfondire le questioni. Di mio, Steno ha la conoscenza del meccanismo di indagine, di cui entrambi ci occupiamo a tempo pieno per lavoro. E la passione per il bar. Anche io, come Steno, da ragazzo ho fatto cocktail dietro a un bancone.

Dietro agli altri personaggi del tuo giaòòp (da Scimmia a Kellan Armstrong, da Han al console fino alla pm) si celano persone reali che hai avuto modo di conoscere o si tratta di figure totalmente inventate?

Han, cuoco vietnamita dalla doppia vita, si ispira a Ho Chi Min. Il padre della patria vietnamita negli anni Trenta lavorò davvero alla Antica Trattoria della Pesa di Milano, mentre progettava la rivoluzione nel suo Paese. Quanto a poliziotti e pubblici ministeri, ne incontro così tanti ogni giorno in tribunale che inevitabilmente mi sono ispirato in qualche modo a loro. Ma ci tenevo a non fare caricature di persone reali. Un po’ per non offendere nessuno, e un po’ perché trovo che i personaggi d’invenzione siano spesso più interessanti.

Dal romanzo emerge una Milano di mezzo, sconosciuta ai più e agli stessi cittadini che si muovono all’ombra della Madonnina…

Per lavoro, da tanti anni, sono pagato per raccontare i luoghi oscuri della mia città. Una grande fortuna, che ho voluto sfruttare anche come narratore. Prima di occuparmi a tempo pieno di cronaca giudiziaria, ho fatto inchieste sul mondo della notte, recensioni di bar e discoteche, approfondimenti su quello che succede dopo che tramonta il sole. E molto di quello che ho scoperto e osservato lo trovate nel romanzo.

Com’è cambiato negli anni il capoluogo lombardo?

Milano è sempre più sicura, scintillante e distratta. Expo, i grattacieli e la crescita di quartieri semi-centrali hanno molto cambiato il volto della città. Oggi Milano è probabilmente più bella di come sia mai stata, ma ha perso un po’ di fascino. Per questo, pur ambientando il mio romanzo al giorno d’oggi, in alcune descrizioni di luoghi ho cercato di fare rivivere lo spirito Milano com’era: più buia, imperfetta, sgarrupata e pericolosa.

Quale relazione c’è tra l’uccisione di Kellan e l’universo Lgbti?

Kellan, figlio del console americano, viene assassinato in un luogo di incontri occasionali per uomini gay. Uno dei primi e più famosi luoghi di cruising milanesi: La Fossa di fronte alla Triennale, in realtà poco frequentata dagli anni Novanta. Ma come dicevo, alcuni luoghi non li ho raccontati per come sono oggi. Ho preferito riportare in vita la loro anima antica. L’indagine sulla morte di Kellan punta da subito sugli “Spazzini”, banda di giovani teppisti omofobici che aggrediscono uomini gay.

Per chi legge Il Caso Kellan non è possibile non pensare alla recrudescenza di aggressioni omotransfobiche in Italia. Da cronista giudiziario a cosa attribuisci i vari atti di violenza verso le persone Lgbti?

Trovo che l’omotransfobia sia un fenomeno inaccettabile e gravissimo. E tanto più lo sono le aggressioni. Da cronista mi sono occupato spesso di aggressioni a uomini gay. La trama del romanzo nasce dalla storia di un ragazzo, che anni fa mi raccontò di essere stato aggredito mentre era appartato in auto con un uomo. Mi disse che aggressioni simili a Milano sono frequenti, ma che di rado vengono denunciate, per vergogna o per paura. Quanto alla ragione che porta qualcuno ad aggredire un altro perché omosessuale, faccio davvero fatica a comprenderla, da cronista e da essere umano. Verrebbe da dire: ignoranza, stupidità e poca serenità nel gestire la propria sessualità.

Quali sono i maestri del giallo cui ti sei ispirato? Ed è possibile pensare all’inizio d’una serie di romanzi con uno Steno Molteni risolutore di casi intricati come Poirot o uMaigret?

Per tutti i giallisti italiani, e per i milanesi in particolare, un punto di riferimento inevitabile e irraggiungibile è Giorgio Scerbanenco. Nessuno come lui ha saputo raccontare la città e la sua anima, cupa e moralmente poco salda. Amo molto i gialli classici: da Conan Doyle alla Christie, dalla Tey a Simenon. Fra i contemporanei, amo gli italiani. Quanto alla possibilità di fare del mio Steno Molteni un personaggio seriale, mi piacerebbe molto! Un’idea di massima per la trama di un possibile seguito la ho già. Spero di trovare il tempo di mettermi di nuovo al tavolino a scrivere.

Tags: culturafranco vanniGaygialloil caso kellanlgbtmilanoomofobiapersone lgbtiromanzo giallo
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