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Home Politica

Unioni civili, Cirinnà «Grandi giornali nemici della legge: i diritti non sono un numero»

Francesco Lepore by Francesco Lepore
19 Maggio 2017
in Politica

L’11 maggio è ricorso il primo anniversario dell’approvazione alla Camera della legge su le unioni civili e le convivenze di fatto. A un anno da quella data, decantate le polemiche e le animosità concomitanti l’iter legislativo Gaynews, che per il 30 maggio prossimo ha organizzato il convegno Verso il matrimonio ugualitario, ha intervistato colei che di quel testo è l’artefice principale: la senatrice Monica Cirinnà.

Senatrice, è trascorso un anno dall’approvazione dalla legge sulle unioni civili. Quale la genesi del ddl e quali le tappe principali?

Sicuramente abbiamo passato due anni e mezzo di vera e propria guerra: guerra dentro al Parlamento, guerra fuori dal Parlamento, perché come mi ricordava il mio grande amico Franco Grillini, quando militavamo insieme nei Verdi, già parlare di omosessualità in un Parlamento vuol dire accettare che l’omosessualità esista e che la politica se ne debba occupare. Avevamo testi sul matrimonio egulitario, parecchi testi sulle unioni civili. Avevamo tutta la destra conservatrice oscurantista, che chiedeva un testo che parlasse di convivenze, quindi di coppie di fatto, indipendentemente dalla composizione del sesso della coppia. Siamo arrivati a un istituto che assegna tutti i diritti sociali, pari dignità, l’asse ereditario, la reversibilità della pensione. Certo non è il matrimonio egualitario. Quindi gli atti principali saranno le nuove mete. Sicuramente abbiamo la legge perché l’Europa ha spinto tantissimo com tante condanne contro l’Italia. Sicuramente abbiamo la legge perché le manifestazioni del 23 gennaio hanno suonato davvero la sveglia a quest’Italia con oltre cento piazze con migliaia di persone, migliaia di famiglie, di coppie con figli, di persone omosessuali, persone eterosessuali, che chiedevano finalmente al Parlamento di svegliarsi.

L’ex art. 5 sulla stepchild adoption è stato al centro di vaste polemiche. Si continua spesso a ripetere che lo stralcio è conseguenza del voltafaccia del M5s, che non votarono il maxiemendamento Marcucci. Non sarebbe più corretto riconoscere maggiore colpevolezza all’opposizione dei cattodem e di Ncd?

Il vecchio articolo 5 del mio testo richiamava una norma già esistente, già largamente applicata nelle coppie eterosessuali, che è l’ampliamento delle facoltà genitoriali al genitore non biologico. L’art. 44, comma 1, inizialmente io lo chiamai lettera B. Fui costretta a scendere fino alla lettera D, per poi vedere miseramente arenato tutto il lavoro: esso prevedeva appunto che il partner genitore non biologico potesse estendere la sua facoltà genitoriale sul figlio del partner. Davanti a questo si è scatenato davvero il peggio che il Parlamento potesse registrare e contenere in una fase così difficile della sua storia politica. Si è cominciato a parlare in modo volgare e insultante di “utero in affitto”, quando sappiamo che la gestazione per altri è una tecnica di procreazione assistita vietata dalla legge 40, ma comunque consentita in altri Paesi del mondo coi quali noi abbiamo rapporti stabili: Paesi non certamente canaglia, Paesi coi quali non abbiamo relazioni complicate. Penso ad esempio al Canada, dove la gestazione per altri di natura etica è regolata. Nessuno ha voluto sottolineare che in Italia la maggior parte (circa il 95%) delle coppie che ricorrono alla gpa all’estero sono composte da persone eterosessuali sterili o per gravi malattie o per altri motivi. Si sollevò un’onda – potrei dire di fango -, di cui hanno colpa gli ultracattolici ma anche i conservatori ovunque seduti (penso ai cattodem, a parte del M5S, al alcuni comunisti): tutti coloro che hanno voluto stigmatizzare i bambini nati con gestazione per altri hanno non solo creato il buco nella legge ma hanno voluto in qualche modo dimenticare che questa tecnica, vietata e che sarebbe rimasta vietata comunque, è appunto adita da coppie eterosessuali.

Quando venne presentato il cosiddetto emendamento canguro, a firma del senatore Marcucci (capo dei renziani doc al Senato), fu chiaro a tutti che la volontà del Pd, allora guidato da Renzi nel pieno del governo Renzi, era quella di portare la legge con tutti i suoi punti compresa l’adozione coparentale. Davanti all’emendamento canguro la gran parte dei cattodem fece un passo indietro. Rimasero soltanto alcuni pasdaran, che dissero che comunque non avrebbero votato. Di fronte a  questo malessere e alla fortissima levata di scudi di Nuovo Centro Destra il M5S comprese d’essere dirimente per portare a casa la legge. Io credo che questo sia stato il motivo per cui loro, tra il 15 e il 16 febbraio, decisero di tradire il patto. Non potevano regalare al Pd una vittoria così piena. Il tradimento è dunque legato non solo alla volontà di danneggiare il Pd ma, come molti retroscena rivelarono, anche a un accordo sotterraneo tra alcuni dei loro capi con la parte ultraconservatrice della Cei, con la quale forse patteggiarono anche accordi elettorali: dopo un po’ si sarebbe infatti votato per le amministrative nelle grandi città. Sicuramente la trasversalità del conservatorismo delle forze politiche si manifestò in tutta la sua pienezza, per cui sia dentro sia fuori del Pd tutti coloro, che volevano restare fermamente attaccati all’idea che per le coppie omosessuali non ci sia genitorialità, si coalizzarono. È evidente che la legge sia uscita con un buco. È evidente che a questo bisogna riparare. È anche evidente che questa tattica squallida l’hanno pagata le famiglie e i bambini arcobaleno. Esistono ancora bambini in Italia che non hanno diritti come tutti gli altri.

L’11 maggio il ddl sulle unioni civili e le convivenze fu approvato alla Camera. Che ricordi ha di quella giornata?

Sono sicura che l’11 maggio resterà un giorno scandito nella storia della democrazia di questo Paese così come quando vennero approvati i referendum sul divorzio e sull’interruzione di gravidanza. Ricordo quella giornata come il momento in cui mi sono tolta un grande peso dalle spalle: una sorta di zaino pieno di storie d’amore, pieno di vite. Ricordo anche quella bellissima serata a Fontana di Trevi illuminata con l’arcobaleno. Ricordo le tante persone che m’hanno abbracciata ma ricordo anche i tanti colleghi che sono venuti a festeggiare. Ricordo prima di tutto Sergio Lo Giudice, col quale il percorso è stato fatto giorno per giorno tenendoci per mano. Ricordo il capogruppo della Commissione Giustizia Peppe Lumia, che è stato uno dei più importanti alleati durante il difficile percoso in Commissione. Penso al capogruppo Zanda. Penso ai colleghi della Camera Alessandro Zan e Micaela Campana. Una bellissima giornata di cui serberò il ricordo per tutta la vita. Ma anche il sapore dolce amaro di essere comunque solo all’inizio. Abbiamo demolito le discriminazioni: adesso bisogna costruire l’uguaglianza.

La deputata del Pd e filosofa Michela Marzano tenne in quell’occasione un toccante quanto critico discorso sul ddl che si andava ad approvare. Come giudica tale posizione?

Ricordo ovviamente con grande stima e grande affetto la posizione della collega Marzano, alla quale in tanti abbiamo chiesto di non procedere a quel doloroso strappo. Alla quale abbiamo scritto una lettera per chiederle di non lasciarci. Io penso che i colleghi della Camera non abbiano avuto la percezione piena, esatta e profonda di quanto accaduto in due anni e mezzo al Senato, dove la legge è stata costruita, rielaborata, riscritta quattro volte, battagliata. Quindi davanti a a chi dice, visto che non c’è più l’adozione coparentale del figlio del partner, io me ne vado, posso soltanto dire che io sono arrivata con grande umiltà come una formica, con l’aiuto dei colleghi citati, portando dei chicchi di grano fino a dove sono potuta arrivare. Dico a Michela Marzano che la stimo, che l’ammiro, che leggo sempre ciò che scrive ma dico anche che troppo spesso le posizioni massimaliste hanno portato a un nulla di fatto.

Nel corso dell’anno sono state tante le coppie delle persone dello stesso sesso a costituire un’unione civile. Eppure qualche domenica fa La Repubblica è uscita con due pagine al riguardo con un rimando in prima che tentava un’analisi della legge sulla base di dati numerici in termini di frenata e flop. La collettività Lgbti è insorta, compresi quanti sono stati critici nei riguardi della legge. Qual è la sua opinione in merito? È possibile leggere una finalità politica in quell’articolo?

Credo che quelle due pagine, proprio quel giorno in cui Renzi diventava per la seconda volta segretario del Partito Democratico, avevano forse un secondo fine. Aggiungo che io ero stata contattata dagli amici di Repubblica ma avevo detto che giovedì 11 maggio ci sarebbe stata una conferenza stampa, che non avevo ancora i numeri esatti delle coppie unitesi civilmente e che per lealtà nei confronti dei colleghi, con cui avrei tenuto la conferenza stampa, non avrei parlato prima. Sono del parere che l’insulto di quelle due pagine non è stato né a me né al Pd né a chi ha lavorato alla legge. Proprio a pochi giorni dal 17 maggio, Giornata mondiale contro l’omofobia, quello è stato un insulto un insulto alle 6.000 persone che si sono unite e che finalmente hanno e sono una famiglia per lo Stato. Sono stati ridotte a dei numeri. Io penso che un giornale progressista, un giornale europeo che vuole farsi spazio all’interno del dibattito politico della sinistra europea, certi scivoloni non li debba fare. Dico anche che probabilmente hanno poi capito l’errore, visto che nel pomeriggio sull’online hanno modificato il titolo. Ma credo che questi errori volontari dimostrino comunquecome in certi giornali esistano conservatori e riformisti. Ricordo che per tutti i due anni su Repubblica abbiamo letto mille volte anche titoli forti che hanno spesso disorientato. Quindi, se devo fare un’analisi dei tanti nemici che ha avuto la legge, ci metto anche i grandi giornali. Lo stesso uso ricorrente della frase stepchild adoption non ha aiutato. Se si fosse parlato di adozione co-parentale, dicendo che è una realtà esistente in Italia dal 1983 per tante coppie eterosessuali e serve solo a tutelare i bambini, probabilmente gli italiani avrebbero capito e molti non sarebbero stati impauriti dallo spettro dell'”adozione gay”. Personalmente pongo i grandi giornali tra i nemici della legge, soprattutto in momenti delicati.

A un anno dalla legge, che sarà sempre conosciuta come “la Cirinnà”, riconosce dei limiti a quel testo? 

Ormai si parla della legge sulle unioni civili e sulle convivenze, cioè della legge n. 76 del 2016. Io penso che ormai la legge sia di tutti, un patrimonio di tutti e un punto di partenza per tutti. Faccio un passo indietro davanti a chi continua a dire “legge Cirinnà”. Poi è chiaro che nell’immaginario collettivo rimarrà così. Ma io sono invece convinta che la grande rivoluzione culturale, che questa legge porta con sé (non si dovrà infatti più parlare in modo eccezionale dell’esistenza di coppie e di famiglie di persone dello stesso sesso), passi anche dal fatto che questa norma è un grande patrimonio giuridico di questi Paese. I limiti li conosciamo: sono sicuramente quelli legati ai pochi richiami al Codice Civile. Qualcuno ha voluto vedere un buco nella mancanza di fedeltà. È evidente che la legge è un primo passo. Ma già le ultime sentenze dei tribunali riguardanti la genitorialità di coppie dello stesso sesso – penso a Trento a Firenze, a Milano – ci hanno dimostrato che il tema dibattuto dell’adozione co-parentale del figlio del partner è ormai preistoria giuridica. La vera battaglia da fare adesso è quella della responsabilità genitoriale piena che darà ai bambini arcobaleno tutti i diritti dei bambini delle famiglie eterosessuali. Quindi non posso che dire: avanti insieme dentro il Pd, dentro il Parlamento, avanti sperando che con le prossime elezioni questo mio Partito riesca ad accordarsi su una legge elettorale che non dia estrema instabilità. Spero in un nuovo Parlamento con più giovani, più donne e più persone laiche. Si sta in Parlamento pr rispettare la Costituzione: ognuno è portatore d’una propria etica ma, quando si vota sui diritti, sulla pelle e sulla vita di altre persone, si deve votae nel rispetto dela Costituzione. Il proprio credo resta a casa, perché troppe col voto di coscienza si è vietato qualcosa ad altri. Ma la mia coscienza non può mai limitare i diritti e la vita degli altri.

S’impegnerà ancora nell’ambito del Pd e in Parlamento per il raggiungimento di altre normative a tutela delle persone Lgbti? Quali?

Certamente l’Italia non sarà un Paese civile finché non avrà il matrimonio egualitario. Mi batterò per questo come per la responsabilità piena, per la legge sul fine vita, per lo “ius soli” che riconosce ai cittadini stranieri nati in Italia la possibilità di essere riconosciuti cittadini italiani, per la legge sulla tortura e così via. Insomma su tutte quelle leggi di libertà e di laicità, che dimostrano che solo coniugando i diritti sociali con i diritti civili si rende questo nostro Paese davvero inclusivo, davvero rispettoso di ogni istanza e davvero laico.

Tags: lgbtm5smonica cirinnàpersone lgbtiunioni civili
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