Ridentem dicere verum: quid vetat? (Dire la verità ridendo: cosa lo proibisce?, ndr).
Nelle celebri parole del poeta Orazio è da ravvisare il principio cardine di un genere letterario importante qual è quello satirico. E calzano dunque a pennello per tratteggiare l’ampia quanto interessante produzione di Gianluca Manna.
Classe 1967 e romano di nascita (ma con ascendenze perugine), Gianluca è noto, soprattutto sui social, per vignette e immagini in cui racconta, con sagace ironia, le contraddizioni contemporanee, cui non sono e non possono essere ovviamente estranee le persone Lgbti.
Lo abbiamo raggiunto nella sua casa, strabordante di libri e disegni, all’indomani dell’uscita delle cinque t-shirt ufficiali per il 25° del Roma Pride, di cui Gianluca è uno dei cinque disegnatori.
Gianluca, come nasce la tua passione per il disegno e per il genere vignettistico?
Ne sono stato sempre attratto. Ho fatto un corso d’illustrazione all’Istituto Europeo. Ma parliamo di tanti tanti anni fa. Per il resto ho imparato da solo e, soprattutto, da mio padre, che è un disegnatore eccezionale. Lavorativamente parlando, sono un grafico e un illustratore. Poi il fumetto nasce come esigenza di raccontare delle cose, di raccontare con le vignette quanto succede.
Quali sono i lavori più rappresentantivi?
Come grafico sono abbastanza soddisfatto degli ultimi loghi e packaging che ho realizzato. Peno all’Olio Bono, per le cui bottiglie ho coordinato l’idea degli oli e tarocchi, che ha funzionato. L’ultimo lavoro, realizzato con la mia socia, è stato per la Fao, per la quale abbiamo realizzato delle immagini coordinate sulla pesca. Non sempre però sono soddisfatto dei miei lavori.
Tu realizzi anche immagini per te stesso?
Tutti i disegni che faccio, li faccio quasi per me e sono pubblicati sui social da me. Ho pubblicato tanto tempo fa dei fumetti per delle fanzine. Ma raccontare storie in fumetti richiede molto impegno e molta disciplina.
Perché affronti temi riguardanti le persone Lgbti?
Perché ovviamente cerco di raccontare quello che conosco o presumo di conoscere meglio nella mia vita. Quindi parto da me. Infatti sono spesso il protagonista delle mie vignette: un nanetto sfigato con la maglietta a righe, che su Grindr ha i suoi maggiori successi con quelli tipo: “Speriamo che ce caschi”, e con una serie di disastri e avventure anche ispirate al mondo che mi circonda. Io disegno spesso su taccuini e ritraggo quello che mi sta succedendo in quel momento. In quanto omosessuale e come attivista (lo sono da sempre anche se a modo mio) racconto queste tematiche: lo stigma cui sono soggette le persone Lgbti ma anche l’attuale mondo politico, per il quale siamo solo carne da voto. Tema, questo, che è al centro di un Bestiario.
Vale a dire?
Guardando dei bellissimi manoscritti miniati, ho deciso di prendere esempio dalla ironia e dall’arte di persone vissute nel Medioevo per fare satira su quelli che sono i personaggi politici del momento. A partire da Simone Pillon e da Daniela Santanché. Ovviamente il mio non è un Medioevo ma un “Medio-cr-evo”, perché siamo ben lontani dalle vette della cultura e dell’amore per l’arte che si raggiungevano in un monastero benedettino o nel mondo arabo con un Averroè o un Avicenna. Viviamo in un momento in cui c’è un grande disprezzo per i libro e l’immagine. Ora tutto questo va raccontato, preservato e trasmesso.
Tu sei uno dei designer che ha realizzato uno dei cinque disegni per le t-shirt ufficiali del Roma Pride. Nel tuo si vedono alcuni simboli classici di Roma all’interno della marcia dell’orgoglio Lgbti. Qual è il significato?
Roma per me non è solo il simbolo che vorrebbero CasaPound o il peggiore oscurantismo cattolico. Roma è la città che ha la diversità e l’accoglienza nel suo Dna. Raccoglie da sempre mondi molto diversi, a volte con indifferenza a volte con amore. Sta anche a noi appropriarcene, sua simbolicamente che realmente, vivendola fuori dai ghetti. Nel mio Pride ci trovi Marco Aurelio, la Lupa, le Oche del Campidoglio, in mezzo alla folla. Perché anche la Storia e la Leggenda sono con noi. Ultimo simbolo, il gatto romano. Perché il gatto, come il romano verace, non guarda in faccia a nessuno, non esclude a priori, non fa sconti ai potenti. E, ovvio, perché sono un gattaro doc.
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