Si è inaugurata il 1 settembre a Milano presso la Biblioteca Sormani (fino al 16 settembre dal lunedì al sabato dalle 9:00 alle 19.30) la mostra Queeriodicals. Editoria periodica Lgbt dal 1870 ad oggi. L’esposizione, che presenta una selezione di cento rari periodici Lgbt internazionali dalla collezione privata di Luca Locati Luciani, è stata aperta da un convegno sull’editoria periodica, sul collezionismo e gli archivi Lgbt, che ha visto la partecipazione di Marco Albertini, Luca Locati Luciani, Giovanni Dall’Orto, Sara De Giovanni, Felix Cossolo, Giovanbattista Brambilla, Franco Grillini. La registrazione audio video del convegno è stata curata da Radio Radicale ed è disponibile a questo link.
La mostra, che ha il merito di essere la prima esposizione di documenti storici Lgbt all’interno di un’istituzione culturale pubblica milanese, propone, attraverso un’accurata selezione dei materiali in mostra, una panoramica dell’editoria periodica che ha contribuito a creare una comunità, rafforzandone l’identità e promuovendone visibilità e consapevolezza. La preziosa collezione di Locati Luciani si presenta dunque come un omaggio a tutte quelle persone, lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, veri e propri pionieri che hanno sfidato le convenzioni sociali e le leggi repressive del tempo trovando il coraggio di esprimersi ed assumere una voce pubblica riflettendo sulla loro condizione attraverso queste pubblicazioni.
Le splendide immagini delle copertine ci accompagnano in un percorso visivo attraverso costumi sessuali, desideri, immaginari erotici ed ideali estetici di una comunità. Dalle serissime riviste scientifiche pre-omofile ottocentesche ai periodici tedeschi e francesi degli anni ‘20 con le prime immagini di nudo maschile, fino ad arrivare alle riviste americane degli anni ’50 del Novecento che, con il pretesto di offrire modelli per gli artisti, pubblicavano immagini di muscolosi uomini seminudi. In mostra anche, le bellissime riviste prodotte dalla comunità lesbica internazionale e quelle frutto del grande attivismo politico post Stonewall, comprese le pubblicazioni che hanno fatto la storia dell’editoria periodica Lgbt italiana, dal primo numero di Fuori!, organo di informazione del Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano del 1977, a Lambda, Homo e La Pagina Frocia di Lotta continua, fino alle più recenti Babilonia, Towanda e Pride, l’unica rivista Lgbt ancora pubblicata in Italia.
Per conoscere meglio la genesi del progetto espositivo, abbiamo incontrato alla Biblioteca Sormani una guida di eccezione, il collezionista Luca Locati Luciani.
Innanzitutto: come hai iniziato a collezionare materiali Lgbt?
In pratica è da quando ero soltanto un bambino che ho un po’ il tarlo del collezionismo. Ho iniziato con monete straniere, che mi portava mio padre al ritorno da suoi viaggi in giro per il mondo, per poi passare a minerali e pietre, francobolli, e infine vecchi libri. All’inizio però il mio interesse era soprattutto rivolto ai libri con illustrazioni macabro-orrorifiche, campo vastissimo che può comprendere testi di demonologia del XVII° secolo o volumi illustrati da artisti della corrente simbolista di fine Ottocento inizi del Novecento. Tutti testi che, ahimè, hanno quotazioni sul mercato antiquario piuttosto alte; mi ritrovavo quindi a fare vere e proprie follie pur di avere un libro agognato, arrivando persino a pagarlo a rate. Decisi così di dare uno stop a questa passione un po’ troppo al di sopra dei miei mezzi, e scoprii con piacere che nei mercatini dell’usato si potevano trovare vecchi testi di saggistica e narrativa Lgbt a cifre abbordabili. Questo circa vent’anni fa: di acqua, o meglio di carta sotto i ponti ne è passata tanta, e ora mi ritrovo la casa invasa da libri, riviste, volantini che testimoniano il lungo percorso che gay, lesbiche, bisessuali e transgender hanno fatto e continuano a fare per ottenere diritti negati e per abbattere stereotipi e pregiudizi nei loro confronti.
Quali materiali prediligi raccogliere e quale il pezzo acquistato che ti ha emozionato di più?
Forse non posso definirmi un bibliofilo in senso stretto, perché sono molto interessato all’iconografia, e quindi non colleziono solo libri, ma qualsiasi tipo di materiale che possa contenere almeno un’illustrazione o un’immagine fotografica: ad esempio ho centinaia di scatolette di fiammiferi provenienti da vecchi locali gay, tutte abbellite con un disegno o con il logo del locale. Un’altra mia passione è la pornografia gay d’antan: ho vari libri antichi con illustrazioni pornografiche, ma anche cartoline osé, e disegni amatoriali, che rappresentano un prezioso documento di come l’iconografia omoerotica riuscisse a circolare in epoche in cui ancora si pensava che l’omosessualità fosse una degenerazione da punire in maniera esemplare. Ogni pezzo che ho trovato mi ha emozionato e continua a farlo, ma ce n’è uno a cui sono particolarmente legato: è un album fotografico di provenienza statunitense, databile intorno alla fine degli anni Venti del secolo scorso. Dentro ci sono decine di foto di un ragazzo in abiti femminili, che gioca con l’obiettivo posando in modo inequivocabilmente camp. Insieme a questi scatti, ce ne sono altri dello stesso giovane assieme ad altri uomini; con alcuni di questi è abbracciato teneramente, con altri invece si bacia appassionatamente, e sotto ad alcune foto sono scritte dolci parole d’amore. Ogni foto trasuda voglia di vivere, e mi fa impressione pensare che all’epoca magari questa stessa persona abbia affidato a un album un vissuto, delle emozioni che nella vita quotidiana forse teneva nascosti. Ecco, mi emozionano di più oggetti quotidiani come questo di qualsiasi altra cosa, persino di grandi classici della letteratura Lgbt.
Quale o quali pezzi in mostra ritieni più importanti e significativi?
Ce ne sono molti, ma due in particolare credo siano di un certo interesse. Il primo è un volume pubblicato nel 1896 con tutti i numeri dell’Archivio delle psicopatie sessuali, periodico fondato nello stesso anno dal napoletano Pasquale Penta, con lo scopo di rimuovere pregiudizi su quelle che all’epoca erano ancora considerate, appunto, psicopatie sessuali, omosessualità compresa. Letto oggi forse potrebbe fare un po’ storcere il naso, ma all’epoca fu una rivista piuttosto unica nel suo genere.
Il secondo pezzo invece è la rivista francese Inversions, il secondo periodico pre-omofilo mai uscito in Francia, fondato a Parigi da Gustave-Léon Beyria, Gaston-Ernest Lestrade e Adolphe Zahnd. Il primo numero uscì il 15 novembre 1924, mentre a partire dall’aprile del 1925 il nome fu cambiato in L’Amitié. In realtà la scelta di cambiare il nome derivava dal tentativo di salvare il periodico da un’inchiesta per “oltraggio al pudore” in cui era coinvolto. Purtroppo uscì solo un numero con questo nome; il 20 marzo 1926 Beyria e Lestrade furono condannati, per “oltraggio al pudore” e “propaganda di metodi anticoncezionali”, a una pena di tre mesi di prigione ciascuno. La cosa curiosa di questa rivista, però, è anche che i tre fondatori non erano appartenenti ad alcun milieu intellettuale parigino, e svolgevano lavori piuttosto comuni, rendendo questa esperienza editoriale assolutamente particolare e coraggiosa.
Che rapporto hai con altri collezionisti o archivi Lgbt?
Sono in contatto con vari collezionisti ed archivi, in Italia e nel resto del mondo. È un modo per accrescere la conoscenza reciproca in questo settore di ricerca e collezionismo, attraverso scambi di informazioni su libri in uscita, mostre, scoperte bibliografiche. Colgo l’occasione per dire che sto creando presso il Centro di Documentazione Cassero Lgbt Center un fondo dedicato ad un amico ed attivista scomparso a gennaio, Alessandro Rizzo Lari. È una cosa che ho deciso di fare per tenere viva la memoria di una persona a me cara, e che mi coinvolge emotivamente.
Cosa pensi si possa fare per valorizzare la storia Lgbt italiana e per fare in modo che iniziative come Queeriodicals siano di più nel nostro paese?
Credo occorra una rete di contatti più stretta tra i vari collezionisti e archivi Lgbt, per fare in modo che si possano creare collaborazioni per futuri eventi e, magari, cataloghi online condivisi, così da poter facilitare il lavoro di ricerca di saggisti e studenti. Per quanto riguarda invece il poter ripetere eventi come Queeriodicals, credo che una certa capacità di portare a termine progetti senza perdersi nel percorso sia necessaria, ma va detto che non sono eventi a costo zero, e qualora non ci fosse possibilità di autofinanziarsi, una richiesta di finanziamenti esterni è necessaria. Ad esempio fare una mostra con catalogo ha un certo costo, ma potrebbe essere un modo per storicizzare ulteriormente l’evento, e rendere fruibile il materiale esposto anche a mostra finita: io ho avuto poco tempo per organizzarmi e riuscire a trovare fondi per fare un catalogo della mia mostra, e un po’ mi dispiace. Spero in futuro ce ne siano altre, organizzate da chicchessia, fatte in modo ancora più completo.
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