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Home Cultura TV e cinema

Sense8, perché la protesta social ha fatto cambiare idea a Netflix? Intervista al produttore Roberto Malerba

Michele Sacco by Michele Sacco
4 Luglio 2017
in TV e cinema

Sense8 non è una serie ma è la serie. Scritta, come si sa, a sei mani da Lana e Lilly Wachowski – autrici di Matrix e Cloud Atlas – e da J. Michael Straczynski, sceneggiatore di film, fumetti e serie tv come Babylon5. Sarebbe complicato spiegarla in due parole. Ma è una delle cose più strane e narrativamente innovative che si sia mai vista negli ultimi anni nel contesto della narrativa audiovisiva seriale. È contemporaneamente un tech-thriller, un’avventura sci-fi e una ingarbugliata serie action. 

La storia? In breve, è l’avventura di otto personaggi, legati tra loro da un legame sensoriale molto più che telepatico e appartenenti a una specie umana parallela alla sapiens, l‘homo sensorium. Sense8 è anche una narrazione che scardina il concetto di genere sessuale ed etnia e ci mette sul tavolo, senza che ci rendiamo nemmeno conto ancora di quanto ci serve, l’arma per superare il sessismo e i pregiudizi dilaganti. 

Il primo giugno scorso, però, Netflix, la piattaforma streaming mondiale, famosa per le sue serie originali e innovative come Orange is the new black, 13 Reasons Why e Narcos, aveva annunciato a sorpresa la cancellazione della serie. Milioni di fan in tutto il mondo si sono mobilitati con petizioni e cascate virali di twitt per protestare e cercare di convincere le “alte sfere” della società americana a dare un seguito alla serie. Il 29 giugno un twitt di Lana Wachowski comunica al mondo che Netflix produrrà un episodio conclusivo di 120 minuti entro il 2018. 

A tal proposito, abbiamo avuto il piacere di raggiungere Roberto Malerba, uno dei produttori di Sense8, e di rivolgergli alcune domande. 

Puoi raccontarci la tua esperienza come produttore di Sense8? 

Su questa domanda potrei scrivere un libro. Diciamo che andare in 17 città e, per farlo, lavorare 100 ore a settimana per 9 mesi è stato da una parte molto affaticante ma ha unito cast e troupe in una maniera unica e indimeticabile: è un’esperienza di vita che non si può ripetere. Sapevamo che era per qualcosa di molto speciale e diverso dal solito lavoro. Questo ci ha dato la volontà mentale per mettere da parte le nostre vite private per nove mesi per fare qualcosa di importante. Una grande soddisfazione. 

La scelta di trattare temi scottanti come l’omosessualità, la diversità di razza e tanti altri che in molti Paesi sono ancora tabù, come è avvenuta? Netflix non ha avuto nessun tentennamento in merito?  

Quando è cominciato Sense8, Netflix faceva streaming in 8 Paesi. Adesso sono 180. Devo dire onestamente che Netflix ci ha dato il massimo del supporto e ci ha sempre creduto.

In un periodo socio/culturale come quello di oggi, dove poni Sense8? 

È una serie di importanza sociale e di temi attuali nel mondo che è unica sotto questo profilo. Merito delle sorelle Wachowski. 

Avete avuto qualche problema nel realizzare e distribuire Sense8, viste le censure che vigono in alcuni Paesi? 

No, però è ovvio che in certi Paesi arabi e asiatici non è stato possibile girare, purtroppo.

Sei stato uno dei primi “attivisti” del #RenewSense8. Ti ha colpito la grande risposta a livello globale per avere un seguito di questa serie unica nel mondo dello spettacolo? Ti aspettavi una mobilitazione del genere? 

Sì, mi ha colpito il grande sentimento di tantissimi individui che si sono identificati in uno o più personaggi della serie. Come se adesso anche loro avessero i loro supereroi. Leggere la disperazione quando la serie è stata cancellata mi è dispiaciuto enormemente a livello umano ed è per quello che la lotta mi sembrava più che giusta. Specialmente come persona e non come produttore. Penso che questa protesta, se si può chiamare così, non abbia precedenti: è anche stata appoggiata dalla stampa americana e, in meno di un mese, è riuscita a far cambiare una decisone finale che era già stata presa. Pertanto sono molto fiero di farne parte. D’altronde è, giustamente, il significato della parola Pride. 

I vari comunicati stampa ufficiali di Netflix hanno sempre ribadito la fermezza del web network a non dar seguito alla serie. Anche i contratti degli attori sono stati recessi. Adesso, la notizia ufficiale e confermata di un episodio conclusivo di due ore. Erano state date motivazioni di budget e scarsa audience. Cos’è successo? Cos’è cambiato? 

Netflix ha cancellato le due serie più costose Sense8 e The Getdown: una decisione puramente finanziaria. Quando abbiamo cominciato la prima stagione facevano cinque serie originali. Adesso ne fanno una quarantina. Questa non è certo una giustificazione e non sono certo d’accordo con loro. Mentre al cinema si  contano i biglietti in una società di streaming si contano gli abbonamenti e, pertanto, è molto difficile capire come fanno questi conteggi. Quello che è cambiato è che non si immaginavano, ma neache noi, una protesta cosi forte. Ne hanno preso atto. Tanto di cappello a chi ha protestato e a chi ha accolto la protetsta e cambiato idea. È così che il mondo dovrebbe funzionare. 

L’annuncio del cambio di rotta con la realizzazione dell’episodio conclusivo è stato dato durante il mese dei Pride e proprio alla vigilia della parata del Word Pride di Madrid. Non sarà stata un’operazione di marketing?

Sicuramente l’annuncio della cancellazione di Sense8 il 1 giugno, che è il primo giorno di Pride in America, non è stata una scelta felice.  Ma né il giorno di cancellazione né l’annuncio di un final episode sono state operazioni di marketing. Una cosa solo è certa: senza protesta non ci sarebbe stato un episodio finale di Sense8. Questo decisone è merito dei fans e basta, come scritto nella lettera di Lana.

Cosa dovremo aspettarci da questo episodio speciale? 

Un degno finale che tutti i fans si meritano. Lana ancora deve cominciare a scriverlo pertnato più di questo non so…

Tags: Lana e Lilly WachowskiLana Wachowskinetflixomosessualitàprideroberto malerbasense8sreie tv
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