
Baci rubati, amori omosessuali nell’Italia fascista (Italia 2020, 63’), il bel documentario di Gabriella Romano e Fabrizio Laurenti, traccia, forse per la prima volta, un quadro vasto e aperto sui modi di sopravvivenza che gli uomini e le donne omosessuali hanno costruito per esistere e per resistere, nonostante intorno a loro il clima omofobico, quello del fascismo, fosse imperante e totalitario.
Non è un caso che l’Istituto Luce, che è produttore e distributore del film, abbia scelto, per la prima proiezione romana (ovviamente on-line e, quindi, fruibile da ogni luogo), di inserirlo nella programmazione della Casa della Memoria e della Storia dedicata alla Giornata della Memoria. Per la precisione Baci rubati sarà disponibile gratuitamente dalle 11:00 alle 14:00 di sabato 30 gennaio (basterà cliccare sul link e inserire il codice 8GSK5P694Y2W).
Il fascismo, come sappiamo, ha preferito negare il fenomeno omosessuale piuttosto che affrontarlo di petto attraverso leggi apertamente punitive. Ma ha comunque tenuto sotto strettissimo controllo i comportamenti individuali e le libertà personali. Diffide, ammonizioni, arresti preventivi, confino, utilizzo dei manicomi per “eliminare” i casi più scomodi come strategie ad personam. Ma anche chiusure di locali – si pensi, ad esempio, l’ossessiva opera censoria contro i tabarin –, censura sulle opere di ogni tipologia, censura sulla corrispondenza privata, invito alla delazione (seguire nel film il caso dell’isola di Capri).
Anche sul piano sociale il fascismo ha svolto comunque un capillare ruolo discriminatorio, operando una costante repressione della donna e del suo ruolo pubblico (le paghe che per legge non potevano essere che una quota minoritaria rispetto a quelle maschili, per impedire alle donne l’autonomia), e istituendo una tassa sul celibato, che di fatto puniva e tendeva a isolare soprattutto gli omosessuali oltreché i pochi maschi eterosessuali che non volevano accettare il legame del matrimonio.
Il film utilizza alcune preziose testimonianze dirette e fa intervenire vari esperti nel campo storico e letterario (Francesco Gnerre, Giovanni Dall’Orto, Gianni Rossi Barilli, Margherita Giacobino e altri) e in quello del collezionismo. Mescola immagini di famosi personaggi di quegli anni, alcuni dei quali certamente gay o lesbiche, a molte bellissime immagini (foto o spezzoni video) di uomini e di donne ritratti durante il Ventennio nelle occasioni più disparate, dipingendo un quadro visivo ricchissimo che aiuta ad entrare nell’atmosfera e nella realtà dell’epoca.
Non si tratta di un documentario drammatizzante, anche se il riferimento al contesto storico è costante, ed è descritto con grande precisione. Frutto, questo, di una ricerca documentaristica meticolosa dei bravi registi. L’ambientazione generale è perciò rappresentata dall’atmosfera “ufficiale” del regime, che è sempre incombente col suo apparato repressivo e propagandistico. Ma al suo interno si mostra visibile il miracoloso recupero dei registi di un mondo omosessuale molto diverso da quello degli ultimi decenni, che si poteva pensare non esistito o perlomeno non più raccontabile, vista la censura di allora e l’autocensura difensiva incarnata dai protagonisti, anche dopo la liberazione e la nascita dello Stato democratico. Sono poche, infatti, le testimonianze dirette degli omosessuali che hanno raccontato la loro vita nel ventennio fascista.
Nonostante le difficoltà il lavoro di Gabriella Romano e Fabrizio Laurenti è riuscito a produrre un’opera delicata, quasi intimistica, che ci permette di aprire uno squarcio dentro pezzi di singole vite, pezzi di amori vissuti a metà, nascosti, clandestini, ma dai quali traspare una grande voglia di vivere e di amare. Baci rubati, appunto, ma di un dolce sapore che non si può scordare.
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