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Addio a Rossana Rossanda, comunista eterodossa e intellettuale ribelle, che fondò “Il Manifesto”

LA GIORNALISTA E POLITICA È MORTA ALL'ETÀ DI 96 ANNI. GRILLINI: «SEMPRE SCHIERATA PER I DIRITTI LGBTI»

Francesco Lepore by Francesco Lepore
20 Settembre 2020
in Attualità
Rossana Rossanda (a sinistra) con Nicola Fratoianni e Luciana Castellina

Si è spenta nella notte a Roma, all’età di 96 anni, Rossana Rossanda, intellettuale ribelle, genio anticonformista, comunista eterodossa. A darne notizia il manifesto, di cui «la ragazza del secolo scorso» – com’ella stessa si definì nell’omonimo mémoire autobiografico – fu co-fondatrice insieme con Luigi Pintor, Valentino Parlato, Lucio Magri, Massimo Caprara, Luciana Castellina, Eliseo Milani e Lidia Menapace.

Nata a Pola il 23 aprile 1924 e cresciuta a Milano, dove frequentò il liceo classico “Alessandro Manzoni” e conseguì la maturità con un anno di anticipo, Rossana Rossanda frequentò la Statale e fu allieva dell’esimio filosofo razionalista Antonio Banfi, che chiamò sempre con grato affetto «il mio maestro». Convintamente antifascista, partecipò alla Resistenza come partigiana e, un anno dopo la fine del secondo conflitto bellico mondiale, si iscrisse al Partito Comunista Italiano, del cui comitato centrale fu componente a partire dal 1958. Per la sua straordinaria preparazione (noto l’impegno, agli inizi degli anni ’50, per la Casa della Cultura, centro di aggregazione di intellettuali e politici anche esterni al Pci come Giorgio Strehler e Piero Calamandrei), si guadagnò l’attenzione e l’ammirazione di Palmiro Togliatti, che nel 1963 la nominò responsabile della Sezione di Politica culturale del Pci. Carica, questa, che mantenne fino al 1966. Sempre nel ’63 fu eletta deputata, sedendo nei banchi di Montecitorio per tutto il corso della IV° legislatura (1963-68).

Legata da amicizia a Jean-Paul Sartre ed esponente di rilievo dell’ala sinistra movimentista del Pci, che aveva in Pietro Ingrao il suo punto di riferimento e guardava con occhio profondamente critico alla politica di Mosca e dei Paesi del Patto di Varsavia, cofondò il 23 giugno 1969 – come accennato – il mensile il manifesto (divenuto quotidiano il 28 aprile 1971), di cui fu direttrice insieme con Lucio Magri. Al primo numero parteciparono con articoli Luigi Pintor, Aldo Natoli, Valentino Parlato, Luciana Castellina, Lidia Menapace, Ninetta Zandegiacomi e Michele Rago.

Ma, a seguito delle posizioni di aperto contrasto del mensile con quelle del Pci soprattutto dopo l’invasione sovietica della Cecoslovacchia (il celebre editoriale Praga è sola a firma di Magri sul numero di settembre fu la goccia che fece traboccare il vaso), fu espulsa con Pintor e Natoli dal Pci con l’accusa di frazionismo. Contribuì allora alla costituzione del movimento politico de il manifesto, che nel 1974 si unificò con il PSIUP di Vittorio Foa e Silvano Miniati, dando vita al Partito di Unità Proletaria (riconfluito poi nel Pci a fine 1984).

Di questo intenso periodo, che vide fra l’altro Rossana Rossanda particolarmente sensibile e attenta alle istanze dei movimenti operaio, studentesco e femminista, ha un ricordo vivido e commosso Franco Grillini, presidente di Gaynet e direttore di Gaynews. «Ho conosciuto Rossana – così l’ex parlamentare – agli inizi degli anni ’70 quando si costituì il gruppo de il manifesto, a cui subito aderii. Conservo ancora gelosamente la tessera politica del ’73. Ovviamente quando fu costituito il PdUP, ne feci parte. La testata, come noto, ebbe sorte indipendente rispetto al movimento politico e al PdUP.

Poi nel 1984, quando il segretario del Pci, Enrico Berlinguer, morì a Padova sul palco d’un comizio per le elezioni europee, ne fu eletto successore Alessandro Natta, cioè colui che, nel 1969, nelle vesti di relatore aveva fatto espellere Rossanda fal partito. Natta lavorò perché i fuoriusciti, in nome di un superamento delle passate divergenze, rientrassero nel Pci: cosa che infatti fece buona parte del PdUP. Ma Rossana Rossanda, insieme con pochi altri, non ne volle sapere: rimase indipendente. Apparve allora più che mai in tutta la sua grandezza di leader e d’intellettuale di profondissima cultura, che partecipava alle varie iniziative, cui veniva invitata, come esponente autorevole della sinistra».

Più volte direttrice negli anni de il manifesto, che abbandonò nel 2012 per discrepanze con l’allora nuova direzione, Rossana Rossanda fu intellettuale di straordinaria facondia oratoria e maestra impareggiabile del bello scrivere. Tra le numerose pubblicazioni, oltre alla citata autobiografia risalente al 2012, sono da menzionare Le altre. Conversazioni sulle parole della politica (Feltrinelli 1979), Un viaggio inutile (Einaudi 2008),  Quando si pensava in grande (Einaudi 2013) fino all’ultima opera Questo corpo che mi abita (Bollati Boringhieri 2018).

Un aspetto meno noto dell’impegno politico e culturale di Rossanda è certamente quello relativo ai diritti civili e, in particolare, delle persone Lgbti. È sempre Grillini a parlarne, che ricorda: «Rossana è venuta almeno tre volte al Cassero a Bologna, allora sede di Arcigay Nazionale, per dibattiti sui temi Lgbti. Ricordo, in particolare, negli anni ’90, una bella serata d’estate sulla mitica terrazza del Cassero, stracolma di persone, dove discutemmo dei ritardi culturali della sinistra italiana sulla questione Lgbti. Lei era molto schierata in difesa dei diritti delle persone omosessuali. In realtà, cosa che quasi mai viene messa in luce, lo è sempre stata: tutto il gruppo dirigente del movimento de il manifesto aveva una connotazione libertaria ed era ben consapevole che non può esistere nessuna liberazione umana se le minoranze, compresa quella Lgbti, non hanno raggiunto la pienezza dei diritti. Mi piace ricordarla così, con grande affetto e nostalgia.

La sua morte a 96 anni chiude, a mio parere, un’epoca: quella, cioè, in cui il rapporto con l’Unione Sovietica nella politica era un elemento dirimente. Il suo netto e coraggioso rifiuto dell’autoritarismo dei Paesi comunisti, che le costò la radiazione del Pci, è la splendida eredità, che Rossana ci consegna ricordandoci che non può esserci democrazia senza libertà per tutte le persone, comprese quelle Lgbti. La sua vita è stata un inno alla libertà a costo di ogni sacrificio. Vorrei ricordare che fu lei ad accompagnare Magri in Svizzera per l’eutanasia: esempio di militanza a tutto campo sul terreno delle libertà sociali e individuali».

Numerosi i messaggi di cordoglio, soprattutto del mondo della politica, che dalla mattinata odierna non smettono di susseguirsi. Tra questi il più significativo è indubbiamente quello di Nicola Fratoianni, portavoce nazionale di Sinistra Italiana, che ha scritto su Facebook: «Rossana Rossanda è entrata nella mia vita prima ancora che nascessi: col Manifesto, che mio padre aveva contribuito a fondare. Prima la Rivista nel ’69 e poi il quotidiano dal ’71 sono stati una presenza costante nella nostra casa. Ha continuato a farne parte nelle riunioni piene di fumo del PdUP a cui mi portavano i miei genitori da piccolo e poi, per molto tempo, mi ha accompagnato negli anni della formazione con i suoi editoriali, i suoi articoli, le sue interviste. Una intellettuale comunista, rigorosa, lucida e curiosa. Grazie di tutto».

Tags: donneil manifestolgbtpcipersone lgbtirossana rossanda
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Il 29 maggio 1998, un venerdì, prende il via la grande avventura del primo quotidiano on-line Lgbti in Italia. NOI (ora Gaynews.it) Notizie Omosessuali Italiane, diretta da Franco Grillini, eredita la testata di “CON/TATTO” registrata al Tribunale di Bologna fin dal 1989 e “organo” dell’ARCIGAY, che esce con 14 numeri prima di cedere il passo alla nuova impresa telematica.

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