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L’arcidiocesi di Lucca ospita il dibattito contro il ddl Zan con Mantovano, Gandolfini e Terragni

NEL COMUNICATO UFFICIALE SI PARLA DI FRONTE ETEROGENEO. MA SONO SEMPRE I SOLITI E LE SOLITE NOTE

Francesco Lepore by Francesco Lepore
9 Settembre 2020
in Attualità

Si terrà stasera nel salone dell’Arcivescovado di Lucca il dibattito Ddl Zan dissenso informato, le ragioni di un “no” per la libertà di tutti, co-organizzato dall’arcidiocesi di Lucca e dal Comitato toscano del Family Day – Difendiamo i nostri figli.

Nel comunicato ufficiale si legge: «Cosa rischia la libertà di espressione se verrà approvato un disegno di legge che crea un nuovo reato d’opinione? Qual è il punto di vista del femminismo italiano su un ddl che introduce nella legislazione il concetto di genere e di auto percezione di sé sganciata completamente dal dato biologico? Sarà ancora concessa l’agibilità politica a coloro che sostengono l’esistenza di due sessi e il diritto del bambino alla madre e al padre o saranno imbavagliati come dimostrano gli attacchi furibondi subiti dalla Rowling (l’autrice di Harry Potter) dopo che ha osato mettere in discussione il fatto che i transgender fossero donne? Un reato che non viene di fatto definito dal legislatore, che interpretazioni potrà avere da parte della magistratura?».

Insomma, nihil novi sub sole da un punto di vista argomentativo, che è quello manifestamente mendace e falso del reato d’opinione “creato” dal testo di legge in discussione alla Camera (non si finirà mai di ripetere che l’originario testo unificato del disegno di legge già non prevedeva l’estensione dell’art. 604bis alla fattispecie della propaganda delle idee e, in quello approvato, il 29 luglio, dalla Commissione Giustizia della Camera, è stato inserito un nuovo articolo (l’attuale 3), che ha recepito l’emendamento proposto dall’ex forzista Enrico Costa e ribatezzato come “salva idee”, in cui viene ribadito il disposto dell’art. 21 della Costituzione sulla libera manifestazione di pensiero).

Ma nihil novi anche dal punto di vista organizzativo, dal momento che, al di là degli sbandierati proclami («per la prima volta universo femminile e associazionismo familiare a confronto sulle ragioni del no al ddl Zan» oppure «fronte eterogeneo che si ritrova sul terreno della libertà d’espressione») a intervenire saranno tutte persone accomunate da un idem sentire: Alfredo Mantovano, Marina Terragni, Monica Ricci Sargentini, Massimo Gandolfini sotto la moderazione di Emanuele Di Leo. Il che, detto in soldoni, significa due esponenti di una corrente minoritaria del femminismo contraria al ddl (basterebbe leggere le diverse posizioni delle numerose firmatarie delle lettere aperte su La Repubblica e Il Manifesto) e i rappresentanti della cosidetta galassia pro life e pro family, gli stessi, cioè, che hanno partecipato quando non promosso il World Congress of Families di Verona.

Non a caso nel consiglio d’amministrazione di Difendiamo i nostri figli siedono, oltre al menzionato Emanuele Di Leo, Toni Brandi e Jacopo Coghe, rispettivamente presidente e vicepresidente di Pro Vita & Famiglia e già a capo con gli stessi incarichi della kermesse scaligera. Che, giova ricordarlo, contò sull’apporto di Forza Nuova, che aprì la Marcia delle famiglie a chiusura del Congresso di Verona. Senza dimenticare che il figlio di Roberto Fiore, Alessandro, è stato a lungo portavoce di Pro Vita, prima di figurare (dopo la polemica montata sui media) come «avvocato che collabora con Pro Vita & Famiglia», autore, guarda caso, di uno studio sull’«inutile e dannoso» ddl Zan, recentemente pubblicato sul sito dell’organizzazione.

D’altra parte Pro Vita & Famiglia è con il Family Day – Difendiamo i nostri figli ente promotore delle piazze #Restiamoliberi, anche queste sostenute da Forza Nuova e raggruppamenti della destra eversiva, noti per il violento antibergoglismo. Con la retorica salviniana degli ultimi mesi, che ha fatto della libertà d’opinione conculcata dal ddl Zan il suo tema centrale in una con gli attacchi ai migranti nei comizi pre-elezioni regionali, il cerchio si chiude.

Strano che un presule come Paolo Giulietti, già vicario generale del card. Gualtiero Bassetti a Perugia, non si renda conto di certi apparentamenti e coma sia pericoloso concedere spazi dell’Arcivescovado a persone diversamente gravitanti in area antibergogliana.

 

 

Tags: ddl zanlgbtluccamassimo gandolfinipersone lgbti
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