Al termine di una specifica missione parlamentare, di cui sono stati incaricati, Bastien Lachaud, deputato de La France Insoumise, e Laurence Vanceunebrock-Mialon, deputata de La République en marche, hanno ieri dichiarato che le cosiddette terapie di conversione devono diventare oggetto di un «reato specifico nel Codice penale francese».
Ciò avrebbe «un forte valore simbolico» e consentirebbe «di dare un chiaro segnale agli autori e alle vittime» di queste pratiche che, pur poco conosciute in Francia, «sembrano guadagnarvi terreno».
D’altra parte, come spiegato da Lauchaud in conferenza stampa, non si vuole affatto assegnare a un tale «divieto in linea di principio» una pena specifica per non livellare le condanne. Bisogna invece fare ricorso «agli altri articoli del Codice penale» a seconda della gravità dei fatti, alcuni dei quali configurabili a «veri e propri atti di tortura».
Audita dai relatori della missione, l’associazione Le Refuge, che ospita persone Lgbti respinte dalle loro famiglie, ha affermato di aver ricevuto nel 2019 «in media una dozzina di chiamate, in netto aumento rispetto agli anni precedenti».
Mentre in molti Paesi la situazione è monitorata con attenzione sì da avere una stima annuale del numero delle vittime (nello scorso anno in Usa, ad esempio, circa 700.000), in Francia non esiste ancora una misurazione obiettiva del fenomeno. Lachaud e Vanceunebrock-Mialon hanno inoltre ricordato la riluttanza di molte vittime – a volte sotto l’influenza dei parenti – a denunciare per paura di ritorsioni.
L’inserimento di questo reato nel Codice penale, pertanto, «migliorerebbe la leggibilità statistica del fenomeno, potrebbe liberare le voci delle vittime, sensibilizzare le associazioni Lgbti, ancora troppo poco informate».
In caso contrario la missione raccomanda almeno di «assimilare» le terapie di conversione al «crimine di molestia sessuale» e di renderle «una circostanza aggravante per gli atti di violenza contro minori di età compresa tra 16 e 18 anni».
L’omosessualità, hanno ricordato Lachaud e Vanceunebrock-Mialon, è ancora considerata una malattia dai promotori di queste terapie, che coprono «un ampio spettro di pratiche spesso insidiose», classificate in tre categorie.
Le terapie religiose, organizzate principalmente dalle associazioni Torrents de vie (evangelica protestante) e Courage (cattolica), consistono nel convincere i partecipanti che è possibile convertirsi all’eterosessualità o nell’incoraggiare l’astinenza sessuale. Audite, queste due organizzazioni, come osservato dalla macroniana Vanceunebrock-Mialon, hanno progressivamente «strutturato i loro discorsi per consegnare “un messaggio affinato». Il termine «cura» è stato così sostituito con quello più ambiguo di «accompagnamento».
A essere vittime delle terapie religiose anche le persone Lgbti ebree e musulmane. «La missione – così i due relatori – ha anche ascoltato le testimonianze di persone che sono state vittime o testimoni di esorcismi, venendo così informata di casi di stupro, escissione e appello alla jihad».
Le terapie mediche sottopongono le vittime, a volte drogate, a sessioni di ipnosi o elettroshock. Infine, le terapie sociali prevedono il ricorso a matrimoni forzati.
Lachaud ha affermato che un disegno di legge in materia sarà presentato «nella prima metà del 2020».
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