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James Martin: «Il documento vaticano sul gender? Assenti le voci di scienziati e persone Lgbt»

INTERVISTA AL GESUITA STATUNITENSE, CONSULTORE DEL DICASTERO PER LA COMUNICAZIONE

Francesco Lepore by Francesco Lepore
21 Giugno 2019
in Mondo

Il 10 giugno, al di là del Tevere, è stato reso pubblico Maschio e femmina li creò. Per una via del dialogo sulla questione del gender.

Com’era inevitabile, il documento della Congregazione per l’Educazione cattolica, nonostante i toni concilianti e distensivi del cardinale prefetto Giuseppe Versaldi in conferenza stampa, ha subito sollevato un polverone: le numerose critiche, soprattutto provenienti da area Lgbti e femminista, sono andate di pari passo agli scontati quanto strumentalizzanti panegirismi d’esponenti di partiti di destra e di movimenti della variegata galassia cattosovranista. Non senza qualche voce fuori del coro come quella intellettualmente onesta di Roberto De Mattei.

Ma il 10 giugno è stato anche il giorno in cui è stato diffuso l’ennesimo libello antibergogliano firmato dai cardinali Raymond Leo Burke e Janis Pujats (quest’ultimo, ultranovantenne è noto per essere stato l’unico padre sinodale, come arcivescovo di Riga, a intervenire sempre in latino nelle assemblee del 2000 e 2005 sì da suscitare il commento di Giovanni Paolo II, che avrebbe fatto il giro del mondo per due marchiani errori di grammatica e sintassi: Paupera lingua latina. Ultimum refugium habet in Riga), dagli arcivescovi Tomash Peta e Jan Pawel Lenga (quest’ultimo emerito) e dal ben noto vescovo Athanasius Schneider, ausiliare di Peta per l’arcidiciocesi kyrziga di Astana

Libello, che vagamente esemplato sul Sillabo piano e recante il titolo Dichiarazione sulle verità riguardanti alcuni degli errori più comuni nella vita della Chiesa nel nostro tempo, tocca anche le questioni Lgbti.

Per dare una valutazione di questi due testi, così eterogenei e totalmente diversi per il loro grado di autorevolezza (il primo è di una Congregazione della Curia romana, il secondo di cinque presuli), abbiamo raggiunto il gesuita James Martin, consultore del Dicastero per la Comunicazione e autore di Building a bridge. How the Catholic Church and the Lgbt community can enter into a relationship of respect, compassion, and sensitivity (edito in Italia per i tipi Marcianum Press col titolo Un ponte da costruire: Una relazione tra Chiesa e persone Lgbti e con la prefazione dell’arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi).

Padre James, Papa Francesco sembra ossessionato dall’ideologia gender, che, invece, come dimostrato da molti, è una fantomatica teoria complottista a danno delle persone Lgbti. Che cosa ne pensa?

Non penso che il Santo Padre sia “ossessionato” da ciò. Piuttosto vede la questione del gender come un argomento importante per la discussione. Direi, d’altra parte, che la maggior parte delle reazioni alla cosiddetta gender theory da parte di vari esponenti della Chiesa siano attacchi a qualcosa che non ha alcuna attinenza e influsso sulla vita delle persone Lgbti. Le persone Lgbti non sono da rapportare  a “teorie” quanto, invece, alla realtà delle loro stesse vite. Come ha detto recentemente un genitore di un bambino transgender, «se pensi che le persone transgender rispondano a una teoria, allora vuol dire che ne non ne hai incontrato affatto.

Poco più di dieci giorni fa veniva pubblicato sul tema un documento della Congregazione per l’Educazione Cattolica, al cui riguardo lei ha espresso chiare riserve. Perché?

La mia principale riserva è che il nuovo documento sembri non considerare il vissuto della persona Lgbti. Viene così a fallire la richiesta avanzata dal Papa di una cultura dell’incontro, Cioè, mentre il documento invita all’”ascolto” e al “dialogo”, che sono entrambi passi positivi, al contempo però l’unico ascolto e dialogo, che emerge, è quelli con filosofi, teologi e documenti ecclesiastici del passato. Assenti nel documento le voci di psichiatri, psicologi, biologi, sociologi e, naturalmente, quelle delle stesse persone Lgbti.

Sempre il 10 giugno il card. Burke è tornato all’attacco del Papa con un documento, firmato da altri quattro presulu. Come al solito, le questioni Lgbti sono trattate con toni offensivi. Qual è la sua valutazione?

Si tratta di una piccola minoranza di cardinali e vescovi, che attaccano costantemente il Papa. A loro non sembra piacere molto di quello che dice o fa. Ma, a questo punto, non credo che il Papa li prenda molto sul serio. Come nemmeno molti cattolici. Indubbiamente, uno dei loro obiettivi costanti sono le persone Lgbti. Cosa abbastanza prevedibile.

Non ritiene paradossale che tali presuli (incluso l’arcivescovo Carlo Maria Viganò, che è tornato ad attaccare Francesco sul Washington Post, tacciandolo di falsità) minino così l’autorità del Papa?

Sì, è paradossale. E la grande ironia è che, durante i pontificati di san Giovanni Paolo II e del papa emerito Benedetto XVI, alcuni di questi stessi cardinali e vescovi dissero che non si poteva mai essere in disaccordo con il Papa.

Padre Martin, sono ben noti i documenti vaticani che, negli ultimi anni, vietano alle persone omosessuali di accedere al sacerdozio. Qual è il loro valore? E come possono conciliarsi con l’innumerevole schiera di sacerdoti, vescovi e persino di papi omosessuali, che la Chiesa ha sempre contato e conta tra le sue fila?

Ci sono sempre stati preti e vescovi gay (e componenti omosessuali di ordini religiosi, tanto uomini quanto donne), che hanno vissuto la loro promessa di celibato o il loro voto di castità, conducendo una vita sana e spiritualmente feconda. Ai cattolici ricordo sempre questo: i preti gay hanno battezzato i tuoi figli, ti hanno dato la Comunione, hanno ascoltato le tue confessioni, ti hanno visitato in ospedale, hanno presieduto le tue nozze, hanno celebrato le messe funebri dei tuoi genitori, e così via. Il documento vaticano, che proibisce agli uomini con “tendenze omosessuali radicate” (originariamente pubblicato nel 2005) di essere ordinati, è stato interpretato dai vescovi in modi diversi. Per alcuni di essi si tratta di un divieto assoluto d’entrare in seminario per qualsiasi uomo gay. Per altri si tratta di divieto per chi ritiene la sessualità la parte più importante della propria vita. Ma per molti altri si tratta solo di divieto per gli uomini gay che non sono in grado di vivere in modo celibe. Di conseguenza, persone gay continuano a entratre in molti seminari e ordini religiosi e continuano a essere ordinati e a servire la Chiesa fedelmente e disinteressatamente.

In conclusione, che cosa dovrebbe fare la comunità cattolica, a cominciare dal Papa, per superare quei muri di odio e discriminazione contro le persone Lgbti, di cui è essa stessa la prima causa?

Ascoltarle.

Tags: genderjames martinvaticano
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