Un grande appuntamento all’Off/Off Theatre di Roma: dal 5 al 10 marzo sarà in scena Tangeri, spettacolo scritto da Silvano Spada e interpretato dal cantante e attore Gianni De Feo in un viaggio nella Spagna degli anni ’30 e ’40.
Al centro della pièce è la figura del celebre cantante e ballerino spagnolo Miguel de Molina, mito di Pedro Almódovar, vissuto durante la dittatura franchista e perseguitato per le sue idee antifasciste e la sua dichiarata omosessualità. Al racconto si intersecano le canzoni spagnole, tra quelle più celebri di Miguel de Molina. La presenza di temi musicali in evidente contrasto tra loro, dalla chitarra classica al barocco di Vivaldi, passando per il minimalismo di Philippe Glass e il tango argentino, farà da contrappunto alla storia, restituendo atmosfere dai differenti colori.
Centrale nel progetto scenico è il mito di Tangeri, ricordo struggente e poesia, isola di libertà e dissolutezza, tanto amata da quei poeti e dagli artisti di tutto il mondo che l’hanno conosciuta: Delacroix, Matisse, Francis Bacon, Tennessee Williams, Samuel Beckett, Jean Jenet, Paul Bowls, William Burroughs, Allen Ginsberg, Jack Kerouac e, tra gli altri, oggi anche Mick Jagger dei Rolling Stones.
Per saperne di più, contattiamo Gianni De Feo durante le prove dello spettacolo.
Gianni, iniziamo dal titolo dello spettacolo che stai per mettere in scena. Cosa rappresenta nel nostro immaginario il mito poetico ed erotico di Tangeri?
Tangeri è intanto un suono evocativo, vibrante, capace di risvegliare a un tratto ricordi atavici, primitivi, apparentemente assopiti in qualche zona del nostro inconscio. Come le madeleines imbevute nel te’ con cui Proust dà il via alla sua lunga ricerca di un Tempo infinito, ne senti il profumo, l’aroma avvolgente. È accattivante l’erotismo racchiuso in questo suono musicale capace di spandersi come l’aroma dell’oppio che dagli spazi più angusti può sconfinare oltre ogni limite.
E forse per questa ragione Tangeri ha ispirato gli artisti e i poeti di tutto il mondo che l’hanno conosciuta, trasformando questo lontano esotico luogo del Marocco nel “rifugio” legittimo dove poter vivere anche l’illegalità come pura poesia. Primo tra tutti Paul Bowls. Ma anche Jean Genet, Francis Bacon, Tennesse Williams, Truman Capote, Mick Jagger e quanti ancora. Tangeri ispira ricordi insani, profondi, morbosi. Ma è anche ricordo struggente e mito, dove le notti sono notti di sospiri e la vita è vita.
Il protagonista di Tangeri è un cantante e ballerino spagnolo particolarmente caro a Pedro Almódovar: Miguel de Molina. Ci presenti, velocemente, questo personaggio? Perché è importante recuperarne il mito?
Miguel de Molina è un personaggio di grande spessore sicuramente poco conosciuto in Italia. Nato in una poverissima Andalusia, a Malaga nel 1908, ha attraversato tutto il periodo della repressione franchista senza mai rinunciare alla sua personalità dichiaratamente ambigua e senza mai nascondere le proprie idee liberali. È diventato un simbolo per la Spagna moderna e un esempio di ribellione. Questo è senz’ altro uno dei motivi per cui Pedro Almodovar ha utilizzato spesso la sua voce e il suo canto in alcuni suoi film. Tra le sue più celebri canzoni ” La bien paga’ “.
Perseguitato, osteggiato dagli studenti gesuiti, picchiato dalla polizia, all’ apice del successo è costretto a emigrare riparando in Argentina. Lì conclama il suo successo e diventa molto amico di Evita Peron. Muore a Buenos Aires nel 1993, dove è sepolto. Ma il re di Spagna Juan Carlos qualche anno dopo la sia morte lo decora con l’Ordine di Isabella la Cattolica. Strano il destino di certi artisti dopo tante umiliazioni. Ma il mondo spesso va così.
Penso che ricordando certe personalità attraverso le loro biografie si possano stimolare un poco le coscienze per indicarci un futuro più giusto. Ogni volta che facciamo un passo in avanti sappiamo che dietro di noi c’è sempre qualcuno che ha pagato un prezzo caro per permetterci di avanzare. Siamo dei nani sulle spalle dei giganti.
L’Ambasciata di Spagna a Roma per questo spettacolo ha concesso il suo patrocinio.
Nella pièce si rievoca anche la figura di Federico Garcia Lorca. Quanto deve la cultura occidentale del ‘900 alla poesia e alla forza rivendicativa dei versi del grande poeta?
Miguel de Molina amò molto Garcia Lorca provando per lui una profonda ammirazione. Rivive con emozione il ricordo del primo incontro con il poeta a Granada e la descrizione di quel viso da bambino illuminato da un sorriso contagioso e emtusiasmante. I due si ritrovano poi a Madrid agli inizi degli anni trenta quando il clima politico cominciava ad essere più perturbato. Li unisce lo stesso destino di perseguitati. Ma diversamente si conclude per Federico Garcia Lorca che sarà barbaramente fucilato il 18 agosto 1936 su una strada alla periferia di Granada. Rimane viva l’eco della sua poesia come canto di libertà e di giustizia.
Questo lavoro teatrale è anche un lavoro sulla ricerca dell’identità, una ricerca che coinvolge tutte e tutti e che, spesso, crea sofferenze e conflitti. Quanto è importante, per un artista come te, la ricerca dell’identità? Qual è il prezzo che paga un artista, ma anche un uomo comune, per non tradire la sua identità? Per essere, insomma, sempre fedele a se stesso e a quel che vuole essere?
In questa costruzione teatrale alla figura di Molina si contrappone quella di uno scrittore di successo dei nostri giorni che decide di mollare tutto per cambiare la sua vita e andare a vivere appunto a Tangeri. I due personaggi che qui interpreto alternando l’uno all’ altro in un ritmo crescente fino al punto di farli diventare un unico individuo, sono alla continua, infaticabile ricerca di un’identità vera, non falsificata da condizionamenti e imposizioni.
La ricerca dell’ identità passa molto spesso attraverso dubbi, trasformazioni, la volontà e il coraggio di ribaltare certezze e convinzioni. In questo senso, il teatro o meglio l”arte della rappresentazione e, per così dire, della finzione, mi aiuta ad avventurarmi in un continuo percorso di conoscenza. La libertà di essere se stessi ha un prezzo, a volte più caro a volte meno, ma sempre vale la pena imparare a difenderla.
Si può essere fedeli a se stessi ma attraverso l’esperienza dell’ infedeltà. Perché ogni attimo ha un valore a sé.
E così, quando il sipario si chiude rimane l’attesa del prossimo turno. E intanto senti che qualcosa è cambiato.