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Brasile, tra purghe anticomuniste e lotta all’ideologia gender inizia l’era Bolsonaro. Ma su genere e colori la ministra Alves si copre di ridicolo

Francesco Lepore by Francesco Lepore
6 Gennaio 2019
in Mondo

Mantenimento della supremazia dell’America Latina (con eventuale accoglienza di basi statunitensi in Brasile per contrastare la crescente presenza russa in Venezuela), controllo delle ong, sfruttamento agricolo dell’area amazzonica a favore dei proprietari terrieri e a danno delle popolazioni indigene (la demarcazione dei cui territori è stata sottratta alla gestione della Fundaçao Nacional do Índio), riaffermato occidentalismo.

E su tutto l’ossessione rossa con l’annunciato licenziamento di 300 dipendenti contrattisti con idee di sinistra dalla Casa Civil. Perché, come detto, il 1° gennaio, da Jair Messias Bolsonaro nel discorso d’insediamento quale presidente del Brasile, la bandiera giallo-verde «non sarà mai rossa».

Ma le prime prese di posizione del governo dell’ex militare di estrema destra non sarebbero pienamente comprensibili se sganciate da quell’alveo di ostentata religiosità cristiana, di cui il neopresidente ha dato subito prova al termine del suo discorso del 1° gennaio: «Il Brasile sopra tutto, Dio sopra tutti».

Cattolico per tradizione familiare, Bolsonaro deve la vittoria elettorale anche all’appoggio entusiasta delle comunità protestanti. Sua moglie, Michelle de Paula Firmo Reinaldo, è una fervente evangelicale. Non a caso, dunque, il ministero della Donna, della Famiglia e dei Diritti Civili è andato a una predicatrice evangelicale quale Damares Regina Alves, che nel suo primo discorso ufficiale ha ribadito che «lo Stato è laico» ma che lei è «terribilmente cristiana».

Classe 1954 e avvocata, Alves, che è stata pastora della Chiesa Universale dell’Evangelo Quadrangolare (denominazione cristiano-evangelicale d’indirizzo pentecostale) e della Chiesa Battista da Lagoinha (megacomunità evangelicale di Belo Horizonte dall’indirizzo battista-carismatico), ebbe fra l’altro a dire nel 2016: «È giunta l’ora che la Chiesa annunci il nostro avvento. È giunta l’ora che la Chiesa governi».

Ma è proprio sulla riforma del ministero e sulla scelta della titolare che si è innescata una polemica sui social, che non accenna a placarsi. Polemica soprattutto sollevata da persone Lgbti e componenti delle associazioni in ragione, anzitutto, della cancellazione dello specifico diparimentimento loro dedicato. 

La Misura Provvisoria 870/219, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 2 gennaio, con riferimento al ministero affidato a Damares Alves non fa più menzione, come in precedenza, delle persone Lgbti nell’ambito della promozione e tutela dei diritti umani.

Il testo, infatti, enumera specificamente i diritti «delle donne, della famiglia, dei bambini e degli adolescenti, dei giovani, degli anziani, delle persone disabili, dei neri, delle minoranze etniche e sociali, degli indios». In riferimento a questi ultimi è anche incluso «il monitoraggio delle azioni sanitarie adottate a favore delle comunità indigene, ferma restando la competenza del ministero dell’Agricoltura, Zootecnia e Alimentazione». Le persone Lgbti potrebbero forse ricadere all’interno della voce minoranze etniche e sociali.  

La struttura di base del ministero sarà così formata: I) Segreteria nazionale delle politiche per le donne; II) Segreteria nazionale della famiglia; III) Segreteria nazionale per i diritti di bambini e adolescenti; IV) Segreteria nazionale della gioventù; V) Segreteria nazionale per la protezione globale; VI) Segretariato nazionale delle politiche per la promozione dell’uguaglianza razziale; VII) Segretariato nazionale per i diritti delle persone con disabilità; VIII) Segretariato nazionale per la promozione e la difesa dei diritti della persona anziana; IX) il Consiglio nazionale per la promozione dell’uguaglianza razziale; X) Consiglio nazionale per i diritti umani; XI) Consiglio nazionale per combattere la discriminazione; XII) il Consiglio nazionale per i diritti di bambini e adolescenti; XIII) Consiglio nazionale per i diritti delle persone con disabilità; XIV) Consiglio nazionale per i diritti degli anziani; XV) Comitato nazionale per prevenire e combattere la tortura; XVI ) Meccanismo nazionale per prevenire e combattere la tortura; XVII) Consiglio nazionale dei popoli e delle comunità tradizionali; XVIII) Consiglio nazionale della politica indiana; XIX) il Consiglio nazionale per i diritti della donna; XX) Consiglio nazionale della gioventù.

Le politiche per i diritti delle persone Lgbti saranno dunque trattate dal Consiglio nazionale per la lotta alla discriminazione. Assistenza alle stesse potrebbero essere anche fornite dalla Segreteria nazionale della Famiglia e dalla Segreteria nazionale della Protezione globale. Fra l’altro la ministra Alves ha ribadito come sarà compito del suo dicastero la tutela dei diritti delle persone Lgbti. Alla stampa ha rilasciato inoltre le seguenti affermazioni: «Le rivendicazioni delle persone Lgbti sono molto delicate, ma i miei rapporti con le associazioni Lbti sono molto buoni. È possibile avere un governo di pace tra il movimento conservatore, il movimento Lgbti e gli altri movimenti». Ha infine ribadito come non ci sia alcuna volontà di ripensamento sul matrimonio tra persone dello stesso sesso, che in Brasile è legale in Brasile dal 2013.

Sulle sincere intenzioni di Damares Alves si era già espresso, in dicembre, Toni Reis, fondatore, ex presidente e attuale consigliere all’Educazione dell’Associação Brasileira de Gays, Lésbicas, Bissexuais, Travestis, Transexuais e Intersexos (Abglt), ricordando come la predicatrice sia sia sempre impegnata nel combattere la violenza contro la collettività Lgbti e nel promuovere una migliore integrazione professionale delle persone transgender.

Secondo la Liga Brasileira de Lésbicas (Lbl) resta comunque «impossibile avviare un dialogo con i sostenitori dell’esistenza della cosiddetta “teoria del gender“, che mette in discussione dibattiti e diritti duramente vinto grazie alle nostre lotte sociali». 

Già perché Damares Alves, oltre a essere fieramente antiabortista e critica del femminismo, è, al pari di Bolsonaro, ossessionata dalla gender theory. Ossessione che le ha fatto compiere, il 2 gennaio, uno scivolone non da poco. Al termine del discorso d’insediamento al ministero Alves, tra le acclamazioni dell’entourage, ha infatti gridato: «Attenzione, attenzione! Inizia una nuova era in Brasile: il bambino veste d’azzurro e la bambina veste di rosa».

La circolazione immediata in rete di un video con tali dichiarazioni ha suscitato immancabilmente un’ondata di reazioni e commenti ironici. Personalità del mondo della cultura e dello spettacolo, da Fábio Assunção a Caetano Veloso, da Letícia Spiller a Monica Iozzi, hanno pubblicato foto in cui gli uomini posano con abbigliamento in rosa e le donne in blu. 

Sui social è nato il movimento Cor não tem gênero (Il genere non ha colore) con relativo hastag, mentre oggi si è tenuta sulla spiaggia di Copacabana la «Manifestazione delle donne in blu, degli uomini in rosa o nei colori che si preferisce». 

La ministra è stata costretta, il 4 gennaio, a fornire spiegazioni, dicendo che le sue dichiarazioni erano una «metafora contro la teoria del gender», cui il presidente Bolsonaro è molto ostile, ma che «i ragazzi e le ragazze possono vestirsi in blu, in rosa, in tutti i colori, come meglio preferiscono».

Tags: brasiledamares regina alvesgenderJair Messias Bolsonarolgbtmatrimonio egualitariopersone lgbtiteoria del gender
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