A pochi giorni dal Toscana Pride, che si terrà ad Arezzo il 27 maggio, non si placa la polemica a Palazzo Vecchio sul negato patrocinio e gonfalone alla parata da parte dell’amministrazione Nardella. A dare nuovamente fuoco alle polveri l’assessora al turismo e alle realazioni internazionali Anna Paola Concia, che sulla questione ha fatto marcia indietro e smentito quanto dichiarato a Pride Online.
A seguito d’un’interrogazione, presentata dal capogruppo di Sinistra Italiana al Comune di Firenze e consigliere Tommaso Grassi, l’assessora è intervenuta alla seduta consiliare del 22 maggio. «Io credo che soltanto in Italia – ha così esordito – succede che una donna che fa l’assessore al turismo, ai rapporti internazionali e al marketing territoriale, siccome è lesbica e ha fatto una battaglia per i diritti civili, sia costretta a rispondere a un’interrogazione che non ha a che fare con le sue deleghe. Questo succede solo in Italia. Bene. Ma siccome sono un membro della Giunta rispondo perché si è deciso che sono stata interrogata e, perciò, quando sono interrogata, rispondo».
Dopo aver affermato d’essere stata tratta in inganno in merito alle dichiarazioni rilasciate alla citata testata online, ha aggiunto: «Comunque io condivido la scelta del gruppo del Pd sulla questione del gonfalone. Voglio ricordare che il Comune di Firenze, l’8 maggio, ha dato il patrocinio al Pride Park che si svolgerà per un mese dal 9 giugno al 9 luglio a Villa Strozzi. È stato concesso il patrocinio. Cari tutti, cari consiglieri, caro Consigliere Grassi vede: una come me, che ha dato carne e sangue per questa battaglia dei diritti, le può dire che a me e agli omosessuali il gonfalone non mi ha cambiato la vita. La legge sulle unioni civili mi ha cambiato la vita e tanto. Mi sarei aspettato che lei, consigliere Grassi, mi chiedesse sin da quando sono arrivata: Perché non facciamo un’iniziativa del Consiglio comunale sulla legge contro l’omofobia che non è stata ancora approvata al Senato? Perché non la facciamo? Glielo chiedo io di farla con me. Perché quella cosa sì cambia la vita degli omosessuali non il gonfalone».
Ma anziché sedare gli animi le delucidazioni di Anna Paola Concia hanno suscitato non pochi malumori. Non si è fatta attendere la risposta del consigliere Tommaso Grassi che, contattato da Gaynews, ha in primo luogo rilevato come sia stata proprio l’assessora ad avergli espresso telefonicamente la ferma volontà di rispondere all’interrogazione presentatata: «La telefonata tra me e l’assessora Concia è intercorsa giovedì 11 maggio. Mi ha chiesto se fosse possibile, non potendo lei essere presente in Consiglio il 15, ritirare l’atto e ripresentarlo la settimana successiva perché voleva rispondermi di persona».
Riprendendo quanto già detto in una nota ufficiale, ha poi detto: «Con le parole dell’assessora Concia abbiamo capito quanta confusione ci sia nel Pd fiorentino. Gonfalone no, patrocinio sì ma solo al Pride Park che ci sarà per un mese a villa Strozzi. Sembra di stare su scherzi a parte. A chi ci accusa di aver strumentalizzato la presenza dell’assessora, che non ha le deleghe di competenza sull’argomento in questione, vorremmo ricordare che noi abbiamo interrogato l’amministrazione comunale. È poi il capogabinetto del sindaco a decidere a chi attribuire la risposta. Quindi se c’è qualcuno che deve chiedere scusa, è proprio Nardella col suo staff. Inoltre non svicoliamo dal tema perché non stiamo giocando a chi è più a favore dei diritti civili. Vogliamo solo che Firenze sia presente con il suo gonfalone alla manifestazione. Questo perché rappresenta la città e ha un forte valore, di sostegno alla causa e di rappresentatività E, se l’assessora Concia vuole fare insieme a noi una bella iniziativa, saremo al suo fianco. Accettiamo il suo invito ma la preghiamo di non venire a darci lezioni. La rispettiamo e sappiamo quanto si sia battuta anche per le unioni civili, ma questo non significa che il 22 maggio non abbia sbagliato a rispondere così».
Dalle colonne de La Repubblica Anna Paola Concia, intanto, non ha oggi risparmiato affondi neppure al M5s, che – a suo dire – «a Palazzo Vecchio votano sì alla mozione di Grassi al gonfalone e in parlamento votano no alle unioni civili». Forse ignorando, però, che sulla questione la stessa madrina della legge, la senatrice Monica Cirinnà, ha ridimensionato alcuni giorni fa su Gaynews la “colpevolezza” dei pentastrali, mettendo parimenti in luce il peso negativo di cattodem e Ncd. L’assessora è poi tornata ad agitare l’argomento del gonfalone non modificante la vita delle persone omosessuali.
Ma, se la partecipazione del gonfalone gigliato al Toscana Pride è cosa di così poco conto da non cambiare la vita delle persone omosessuali, non si comprende allora la difficoltà da parte dell’amministrazione nel concederlo. In realtà si tende troppo spesso a dimenticare che non di rado ai gesti simbolici sono sottesi messaggi di capitale importanza. Come ben sanno, ad esempio, a Sesto Fiorentino, dove nel consiglio comunale di ieri 23 maggio c’era all’ordine del giorno una mozione di Sinistra Italiana per il patrocinio e l’invio del gonfalone al Pride. Votata col solo parere contrario di Forza Italia, la mozione è stata sostenuta dalla compagine dem, il cui capogruppo è intervenuto col dire che, pur trattandosi d’un simbolo, faceva bene il Comune a mandare il gonfalone. Senza poi dimenticare, come già dichiarato tempo addietro dallo stesso Tommaso Grassi, che «patrocinio e perfino chiavi della città di Firenze sono andati a manifestazioni di ogni genere: eventi commerciali fino alla visita del principe Carlo d’Inghilterra».
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Si profila, da ultimo, un’ulteriore ombra sull’amministrazione Nardella in riferimento al negato gonfalone comunale al Pride dello scorso anno, che accompagnò, invece, lo stesso giorno il pellegrinaggio diocesano in Vaticano. Al riguardo Palazzo Vecchio aveva licenziato il giorno dopo (19 maggio 2016) un secco comunicato che, nella mente degli estensori, avrebbe dovuto chiudere una volta per sempre la bocca di quanti avevano criticato la presenza del gonfalone in Piazza S. Pietro proprio il 18 giugno: «In merito alla presenza del Gonfalone in Vaticano, si precisa che Papa Francesco ha invitato una delegazione ufficiale della città per ringraziare Firenze dell’accoglienza lo scorso novembre. Essendo un’occasione istituzionale, con la delegazione era presente un Gonfalone della città».
Con questa nota s’imboccò un sentiero molto scivoloso. Consta solo che in quel giorno il gonfalone accompagnò il pellegrinaggio diocesano (quasi 3mila persone), guidato dal cardinale arcivescovo Giuseppe Betori, e sventolò durante l’Udienza Giubilare. Altro che invito da Papa Francesco, il quale, se così fosse stato, avrebbe dovuto menzionare esplicitamente la delegazione ufficiale della città e non limitarsi a dire: «Saluto i fedeli di Firenze, con il Cardinale Betori, e di diverse Diocesi italiane accompagnate dai rispettivi Pastori». Stando così le cose, l’amministrazione comunale avrebbe dovuto provare la veridicità d’un invito ufficiale da parte del Papa. Se si fosse trattato d’una lettera, partita dalla segreteria di Stato o da quella particolare del pontefice, ne sarebbe stata necessaria la pubblicazione.
Ma a distanza d’un anno una missiva riservata sbugiarda clamorosamente l’assunto di Palazzo Vecchio. Si tratta d’una lettera a firma del card. Giuseppe Betori che prova l’esatto contrario. Anzi, dimostra come sia stato l’arcivescovo di Firenze (e non il Papa) a sollecitare una delegazione ufficiale del Comune e, dunque, la presenza del Gonfalone in Vaticano. Ma da Palazzo Vecchio si poteva mai dire di no al porporato?
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